Le sostanze chimiche resistono nell'ambiente anche per decine di anni. Molto preoccupante la situazione alle foci dei fiumi.
Gli sbocchi fluviali sono tra i luoghi più ricchi di biodiversità, alcuni dei quali rappresentano fonti fondamentali per lo sviluppo e il mantenimento degli ecosistemi marini nel mondo.
Eppure questi luoghi vitali sono minacciati dall'inquinamento, che espone gli organismi alle sostanze chimiche, compresi i metalli, i bifenili policlorurati (PCB) e gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Questi inquinanti possono infiltrarsi nell'ambiente attraverso la combustione incompleta del carbonio contenuto nei carburanti e dalle fuoriuscite di petrolio.
Si accumulano nei sedimenti dei fondali riducendo la qualità delle acque e aumentando i rischi per gli organismi acquatici a causa della loro tossicità, delle proprietà mutagene e, in alcuni casi, cancerogene.
Per difendersi da queste minacce, la Commissione europea ha messo a punto due direttive che richiedono la valutazione dello stato chimico delle acque: la direttiva quadro sulle acque e la direttiva quadro sulla strategia marina.
Utilizzando le linee guida di valutazione stabilite da OSPAR Co-ordinated Environmental Monitoring Programme (CEMP), sono stati analizzati i rischi ambientali posti da 22 inquinanti: 6 metalli, 10 IPA e 6 PCB, negli estuari e nelle acque costiere del Regno Unito.
Sono stati raccolti più di 38.000 campioni da 45 siti per un periodo che va dal 1999 al 2011.
Al fine di confrontare i pericoli derivati dai contaminanti, i ricercatori hanno utilizzato un rapporto di caratterizzazione del rischio (RCR). Il regolamento della Commissione Europea sulle sostanze chimiche definisce RCR come la concentrazione ambientale prevista divisa per la concentrazione senza effetti.
Gli indici utilizzati in questo studio sono stati calcolati dividendo la concentrazione ambientale misurata per gli standard di qualità internazionali. Vengono quindi ottenuti due parametri: intervallo di effetto basso (ERL), livello di concentrazione oltre il quale gli effetti iniziano a essere possibili, intervallo di effetto medio (ERM), concentrazione oltre la quale gli effetti sono probabili. Quasi la metà (42,6%) dei campioni ha superato lo standard internazionale ERL, mentre una percentuale minore (7,7%) ha superato i valori ERM.
Ogni gruppo chimico ha avuto un RCR medio superiore a 1, nel senso che sono tutti suscettibili di generare un impatto ambientale negativo.
Tra i singoli inquinanti studiati, 18 hanno evidenziato un valore di RCR sopra 1.
Nonostante l'uso vietato di queste sostanze chimiche, molte risultano ancora sopra i limiti ambientali definiti per l'anno di campionamento finale (2011).
Gli autori hanno scoperto che i contaminanti banditi più di 20 anni fa, possono ancora essere ritrovati nei sedimenti, ponendo davanti alla comunità internazionale una ulteriore problematica ambientale. I ricercatori definiscono inoltre l'importanza degli studi negli estuari pesantemente inquinati, volti a migliorare la conoscenza degli hot spot di contaminazione e alla protezione degli organismi viventi in queste aree.
Riguardo la persistenza degli inquinanti si rimanda alla lettura di http://www.aboutplants.eu