Ritrovate nelle acque numerose molecole appartenenti a prodotti banditi da anni. Le problematiche connesse in uno studio danese
Molti pesticidi tossici sono stati vietati dall’Unione Europea, ma alcuni possono rimanere nell’ambiente per alcune decine di anni. Gli invertebrati acquatici sono particolarmente vulnerabili a queste sostanze, capaci di alterare il loro comportamento alimentare, la loro crescita e la loro mobilità. Una nuova ricerca ha scoperto che la tossicità derivata dalla persistenza dei pesticidi ormai banditi risulta essere ancora circa 10.000 volte superiore a quella attribuibile ai residui dei prodotti correntemente in uso. Questo dato è di fondamentale importanza, riguardando direttamente il livello di tossicità generale presente nei vari ecosistemi.
Uno sguardo alle cause. Durante la rivoluzione verde degli anni ’40 sono nati e sono stati diffusamente utilizzati alcuni pesticidi considerati erroneamente sicuri, come ad esempio l’insetticida para-diclorodifeniltricloroetano (DDT). Molte di queste molecole sono risultate da successivi studi molto pericolose e capaci di sviluppare diversi effetti tossici, come la cancerogenicità, e sono state quindi vietate. Un altro importante aspetto è però legato alla loro persistenza: in alcuni casi, per queste sostanze, risulta essere veramente molto lunga, fino a decine di anni dopo la proibizione dell’utilizzo.
La presenza contemporanea di sostanze bandite e sostanze consentite è stata oggetto di uno studio danese, che ha avuto come oggetto di osservazione 14 corsi d’acqua. Sono state ricercate le influenze di entrambe le tipologie di prodotti sia analizzando l’acqua di scorrimento superficiale, sia le acque profonde, prendendo campioni all’interno dei corsi d’acqua immediatamente dopo forti precipitazioni (quando si ipotizza che la fonte principale di alimentazione di un torrente sia l’acqua di scorrimento superficiale) si durante periodi con scarse piogge (quando teoricamente i fiumi si alimentano principalmente con l’acqua sotterranea). 12 dei 14 corsi d’acqua presi in esame si situano in aree con una copertura agricola che supera l’80% della superficie.
I campioni sono stati raccolti tra il 2010 e il 2012 principalmente in maggio e giugno, i periodi considerati di massima applicazione alle colture di agrofarmaci. Sono stati utilizzati due metodi di campionamento: uno diretto effettuato raccogliendo direttamente il sedimento sul letto del fiume, per avere un quadro di uno specifico momento nel tempo; e una raccolta time-integrated per il particolato (il sedimento sospeso nel flusso d’acqua). La raccolta del materiale in sospensione è stata effettuata ipotizzando che le molecole ricercate si leghino preferenzialmente a materiale molto fine.
La tossicità totale è stata considerata come la somma delle tossicità individuali dei singoli elementi ricercati, trascurando eventuali aumenti o riduzioni nel caso di particolari interazioni tra sostanze.
La misura di tossicità utilizzata è stata la LC50 – ovvero la concentrazione della sostanza capace di portare alla morte il 50% degli animali in test in un periodo di 48 ore – per l’organismo target Daphnia magna.
Risultati preoccupanti. Lo studio fornisce esclusivamente una stima della tossicità, misurando le concentrazioni dei composti tossici conclamati (e non andando a ricercare l’effetto diretto delle sostanze chimiche sugli organismi acquatici).
Sono stati individuati 32 pest. Due dei quattro più comuni sono il 4,6-dinitro-orto-cresolo (DNOC) e l’acido tricloroacetico, entrambe venduti in Danimarca fino agli anni ’80.
I ricercatori credono che questi composti siano arrivati in acqua dall’atmosfera attraverso le acque di scorrimento superficiale, arrivando fino alle acque profonde. Tre composti ritrovati in larga parte nelle acque provenienti da falda sono stati il Mecoprop, il Dichlorprop e il Dichlobenil, banditi nel paese alla fine degli anni ’90.
L’ecotossicità acquatica è aumentata di circa 10000 volte quando sono stati considerati i composti chimici ormai vietati nell’indagine. Gli insetticidi ritrovati nel sedimento di fondo sono considerati come la fonte maggiore di questa tossicità.
In questa ricerca, sono stati ritrovati otto dei nove pest inclusi nella Water Framework Directive’s1 list of 33 Priority Substances, ovvero una lista di attenzione per le sostanze chimiche stilata dalla Commissione Europea.
Per due di questi, il diuron e l’isoproturon, i livelli registrati sono fortunatamente talmente bassi da non generare alcun effetto tossico. Contemporaneamente è stato però ritrovato un fungicida, l’esaclorobenzene, mai autorizzato per l’utilizzo in Danimarca.
Un cambio di rotta. Questo studio è chiaramente rivolto a un’area circoscritta, quindi in altre aree i risultati potrebbero differire. Da notare comunque che le concentrazioni rilevate sono decisamente in linea con le medie riportate in altre zone europee per i corsi d’acqua.
Lo studio accerta come il mix tra sostanze lecite e sostanze bandite all’interno delle acque, sia capace di generare un elevato rischio per l’ambiente acquatico. Applicare dei programmi di monitoraggio rigorosi è una scelta imprescindibile per mantenere sotto controllo la situazione, soprattutto in zone a vocazione agricola, molto più vulnerabili di altre a queste problematiche.