Un nuovo lavoro dimostra come non si ottengono alte performance da questo tipo di pratica
Drastiche trasformazioni di uso del territorio si sono verificate nei paesaggi forestali tropicali del sud-est asiatico. Negli ultimi decenni abbiamo assistito alla scomparsa delle foreste naturali e alla loro sostituzione con monocolture. Sull'isola del Borneo, le foreste pluviali in pianura sono un crocevia di molteplici e divergenti interessi. Questi ambienti rappresentano hot spot di biodiversità con un alto tasso di endemismo e costituiscono importanti riserve di carbonio, ma sono anche una fonte importante di legname, si trovano su terreni adatti alla coltivazione di palme da olio e di altre colture industriali.
Dalla fine degli anni 1960, il taglio ha interessato la maggior parte delle foreste di pianura. A seguito del boom durato fino al 2000, le grandi aree forestali tagliate sono state lasciate senza gestione. Anche se diversi studi hanno già dimostrato il ruolo importante che queste foreste svolgono nel sostenere la biodiversità, i fenomeni di disboscamento illegale e le conversioni in piantagioni di palma da olio non si sono fermati. L'effetto negativo sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici è evidente. Alla luce di queste evidenze, il ruolo dei sistemi agricoli tradizionali e alternativi rispetto alla fornitura di beni e servizi, necessita di una maggiore attenzione, nell'ottica di un possibile contributo al mantenimento dei servizi ecosistemici.
Dal momento che esistono di solito correlazioni negative tra produzione agricola e servizi ecosistemici, è raro pensare a dette aree antropiche come possibili fornitori di benefici ambientali. Eppure, a Sumatra, in condizioni di bassa intensità di gestione, sono stati individuati dei giardini maturi di Hevea brasiliensis(l'albero della gomma) con una ricchezza di specie di piante simile a quella delle vicine foreste naturali, con la capacità di immagazzinare notevoli quantità di carbonio nella biomassa epigea. Il tipo di gestione in oggetto è costituita dal taglio e dalla bruciatura dei residui suol suolo, tecnica che riduce l'erosione del suolo e contribuisce al ciclo dei nutrienti. Al contrario, uno studio sullo stesso tipo di gestione condotto a West Kalimantan ha evidenziatodati diversi: una diminuzione della ricchezza delle specie arboree e importanti cambiamenti della composizione dell'albero. Alcuni sostengono che tale uso del suolo non permetterà la conservazione a lungo termine, anche perché il mantenimento della diversità potrebbe ostacolare la produttività delle piante da gomma. Nel complesso, visti i dibattiti attuali sulla capacità dei paesaggi antropici nella difesa della biodiversità e nel sostegno ai servizi ecosistemici, cresce l'attenzione degli scienziati e del settore agricolo-ambientale in genere.
Le lacune della ricerca nello studio del metodo di taglio e bruciatura negli ecosistemi agricoli sono state identificate attraverso una revisione sistematica ancora in corso che mira a portare prove imparziale nel dibattito scientifico. Visto che la domanda di cibo e beni è in crescita in tutto il mondo e che si stanno perdendo giorno dopo giorno biodiversità e servizi ecosistemici, tale informazione è essenziale per la costruzione di strategie di gestione del territorio efficienti e per guidare il processo decisionale sulla pianificazione del territorio.
Un recente studio ha cercato di rispondere a questa domanda: qual è il livello di biodiversità e dei servizi ecosistemici nei suoli gestiti con il tradizionale sistema agricolo-forestale del taglio e bruciatura?
La ricerca è stata condotta nei paesaggi agricoli del Borneo del nord dove è stato stimato il contributo quantitativo dei vari usi del suolo rispetto a:
-
mitigazione dei cambiamenti climatici attraverso lo stoccaggio del carbonio nella biomassa epigea e nel terreno;
-
la diversità di specie arboree;
-
il controllo dell'erosione del suolo.
La diversità risulta più alta nelle foreste naturali rispetto agli ambienti coltivati. È comunque più elevata negli stand in età più avanzata sia negli ambienti naturali che in quelli antropici, poiché viene evidenziata anche una certa crescita secondaria che fa aumentare la ricchezza di specie.
Le foreste trattate col metodo di gestione oggetto di studio mostrano molta affinità con quelle non gestite, sia in termini di diversità che di percentuale di copertura del suolo.
Per quanto riguarda lo stoccaggio del carbonio, gli stand gestiti evidenziano valori inferiori del 50% rispetto a quelli delle foreste naturali.
Stesso discorso per l'erosione del suolo, che appare molto più alta negli spazi antropici. Da segnalare però una buona performance degli appezzamenti gestiti con il metodo taglio e bruciatura, confrontati con campi agricoli tradizionalmente lavorati.
Concludendo gli autori affermano che la metodologia di gestione presa in esame in questo studio ha evidenziato performance ambientali peggiori se confrontate con quelle delle foreste naturali, ma mostra diversi vantaggi rispetto ai metodi di gestione tradizionali.
Drastiche trasformazioni di uso del territorio si sono verificate nei paesaggi forestali tropicali del sud-est asiatico. Negli ultimi decenni abbiamo assistito alla scomparsa delle foreste naturali e alla loro sostituzione con monocolture. Sull'isola del Borneo, le foreste pluviali in pianura sono un crocevia di molteplici e divergenti interessi. Questi ambienti rappresentano hot spot di biodiversità con un alto tasso di endemismo e costituiscono importanti riserve di carbonio, ma sono anche una fonte importante di legname, si trovano su terreni adatti alla coltivazione di palme da olio e di altre colture industriali.
Dalla fine degli anni 1960, il taglio ha interessato la maggior parte delle foreste di pianura. A seguito del boom durato fino al 2000, le grandi aree forestali tagliate sono state lasciate senza gestione. Anche se diversi studi hanno già dimostrato il ruolo importante che queste foreste svolgono nel sostenere la biodiversità, i fenomeni di disboscamento illegale e le conversioni in piantagioni di palma da olio non si sono fermati. L'effetto negativo sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici è evidente. Alla luce di queste evidenze, il ruolo dei sistemi agricoli tradizionali e alternativi rispetto alla fornitura di beni e servizi, necessita di una maggiore attenzione, nell'ottica di un possibile contributo al mantenimento dei servizi ecosistemici.
Dal momento che esistono di solito correlazioni negative tra produzione agricola e servizi ecosistemici, è raro pensare a dette aree antropiche come possibili fornitori di benefici ambientali. Eppure, a Sumatra, in condizioni di bassa intensità di gestione, sono stati individuati dei giardini maturi di Hevea brasiliensis(l'albero della gomma) con una ricchezza di specie di piante simile a quella delle vicine foreste naturali, con la capacità di immagazzinare notevoli quantità di carbonio nella biomassa epigea. Il tipo di gestione in oggetto è costituita dal taglio e dalla bruciatura dei residui suol suolo, tecnica che riduce l'erosione del suolo e contribuisce al ciclo dei nutrienti. Al contrario, uno studio sullo stesso tipo di gestione condotto a West Kalimantan ha evidenziatodati diversi: una diminuzione della ricchezza delle specie arboree e importanti cambiamenti della composizione dell'albero. Alcuni sostengono che tale uso del suolo non permetterà la conservazione a lungo termine, anche perché il mantenimento della diversità potrebbe ostacolare la produttività delle piante da gomma. Nel complesso, visti i dibattiti attuali sulla capacità dei paesaggi antropici nella difesa della biodiversità e nel sostegno ai servizi ecosistemici, cresce l'attenzione degli scienziati e del settore agricolo-ambientale in genere.
Le lacune della ricerca nello studio del metodo di taglio e bruciatura negli ecosistemi agricoli sono state identificate attraverso una revisione sistematica ancora in corso che mira a portare prove imparziale nel dibattito scientifico. Visto che la domanda di cibo e beni è in crescita in tutto il mondo e che si stanno perdendo giorno dopo giorno biodiversità e servizi ecosistemici, tale informazione è essenziale per la costruzione di strategie di gestione del territorio efficienti e per guidare il processo decisionale sulla pianificazione del territorio.
Un recente studio ha cercato di rispondere a questa domanda: qual è il livello di biodiversità e dei servizi ecosistemici nei suoli gestiti con il tradizionale sistema agricolo-forestale del taglio e bruciatura?
La ricerca è stata condotta nei paesaggi agricoli del Borneo del nord dove è stato stimato il contributo quantitativo dei vari usi del suolo rispetto a:
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mitigazione dei cambiamenti climatici attraverso lo stoccaggio del carbonio nella biomassa epigea e nel terreno;
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la diversità di specie arboree;
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il controllo dell'erosione del suolo.
La diversità risulta più alta nelle foreste naturali rispetto agli ambienti coltivati. È comunque più elevata negli stand in età più avanzata sia negli ambienti naturali che in quelli antropici, poiché viene evidenziata anche una certa crescita secondaria che fa aumentare la ricchezza di specie.
Le foreste trattate col metodo di gestione oggetto di studio mostrano molta affinità con quelle non gestite, sia in termini di diversità che di percentuale di copertura del suolo.
Per quanto riguarda lo stoccaggio del carbonio, gli stand gestiti evidenziano valori inferiori del 50% rispetto a quelli delle foreste naturali.
Stesso discorso per l'erosione del suolo, che appare molto più alta negli spazi antropici. Da segnalare però una buona performance degli appezzamenti gestiti con il metodo taglio e bruciatura, confrontati con campi agricoli tradizionalmente lavorati.
Concludendo gli autori affermano che la metodologia di gestione presa in esame in questo studio ha evidenziato performance ambientali peggiori se confrontate con quelle delle foreste naturali, ma mostra diversi vantaggi rispetto ai metodi di gestione tradizionali.