Uno studio di Harvard ha rivelato che il calo di insetti pronubi potrebbe aumentare la presenza di malattie dovute a malnutrizione.
L’attività umana sta trasformando il sistema naturale, mettendo in pericolo l’ecosistema con cui si relaziona, con conseguenze per la salute. Uno studio eseguito dall’università di Harvard, quantifica l’impatto della diminuzione degli impollinatori sulla salute umana, fornendo la prima analisi globale di questo genere.
I ricercatori sostengono che la diminuzione degli impollinatori può far incrementare la presenza di malattie a livello globale e raccomandano di aumentare il monitoraggio nelle regioni a rischio, incluse le zone dell’est e centro Europa.
Con la perdita di biodiversità, gli impollinatori stanno subendo particolari cali, inclusi insetti come le api, uccelli e mammiferi. Negli ultimi dieci anni, infatti, il numero delle specie sia in cattività, sia selvatiche, son diminuite. Queste diminuzioni riguardano direttamente anche la salute umana, perché il lavoro degli impollinatori è critico per le nostre colture: essi, difatti, contribuiscono a circa il 35% della produzione globale di alimenti.
Gli impollinatori sono anche direttamente responsabili del 40% della fornitura mondiale di alcune sostanze nutritive, inclusa la vitamina A, dell’acido folico che è essenziale per le funzioni vitali e non può essere sintetizzato dall’organismo umano.
La loro perdita può, perciò, non solo indurre problemi fisiologici, ma anche minacciare la salute globale.
Lo studio pubblicato nel 2015 stima l’effetto che potrebbe avere la diminuzione degli impollinatori sulla salute umana, modellando l’impatto con gli alimenti ed i nutrienti assunti in tutto il mondo. I ricercatori hanno assemblato un database di 224 differenti tipi di alimenti in 156 paesi, basato su documenti della FAO (food and agricolture organization).
Per stimare la riduzione di nutrienti ed il consumo di alimenti causato dalla riduzione degli impollinatori i ricercatori hanno quantificato la composizione dei nutrienti e la correlazione tra alimenti e pronubi.
L’assunzione di calorie è mantenuta costante, assumendo in sostituzione prodotti alimentari di base, come i cereali. Ciò è supportato dall’evidente aumento di consumo di cibo economico di base come strategia durante la scarsità di alimenti.
Se tutti gli impollinatori saranno eliminati la fornitura globale di frutta diminuirà del 23%, quella di verdura del 16%, e quella di noci e semi del 22%. Ben 71 milioni di persone che vivono in paesi a basso reddito, potrebbero diventare carenti di vitamina A, altri 2,2 miliardi di persone che attualmente ne consumano al di sotto della media, vedrebbero un’ulteriore riduzione dell’offerta.
Per quanto riguarda l’acido folico, oltre 173 milioni di persone potrebbero accusarne carenza, mentre un ulteriore 1,23 miliardi già carente andrebbe incontro ad ulteriori cali.
Il cambiamento negli alimenti e nei nutrienti è collegato a 3 tipi di malattie: non infettive (per esempio cancro, diabete e disfunzioni cardiache), infettive (tubercolosi o influenza) e malattie legate alla malnutrizione (carenza di vitamine, rachitismo); esse sono catalogate usando il quadro valutazioni “Global Burden Of Diseases 2010”.
I decessi globali causati da malattie non infettive collegate alla malnutrizione sono destinati ad aumentare di 1,42 milioni di persone (2,7%) all’anno; e il DALY (anni persi a causa della malattia) aumenterebbe di 27 milioni (1,1%) ogni anno.
I ricercatori hanno pubblicato una tabella relativa all’impatto causato dal DALY in 156 paesi differenti, diviso tra fonti interne ed esterne, per mostrare che gran parte è causata dalla diminuzione degli impollinatori locali.
Lo studio, però, ha anche modellato due scenari meno gravi. Una perdita del 50% degli impollinatori può essere associata a 700 000 morti ogni anno e 13,2 milioni di DALY, mentre un calo del 75% di essi porterebbe i morti a 1,05 milioni, ed i casi di DALY a 19,5 milioni di casi.
Buona parte dell’insorgenza di malattie, è dovuta all’aumento di malattie non trasmissibili, associate ad un basso consumo di frutta, verdura, noci e semi.
L’effetto è largamente dovuto alle colture locali che necessitano degli impollinatori rispetto a quelle importate. Una buone gestione dei prodotti locali potrebbe, infatti, generare significativi benefici alla salute.
Le regioni reputate a rischio (Europa centrale, Orientale, sud e sud-est asiatico, Africa sub-Sahariana) dovrebbero tutelare meglio gli impollinatori locali, in modo da trarne vantaggi sia dal punto di vista della salute pubblica sia un vantaggio economico.
Attraverso una stima pro-capite di assunzione di nutrienti in ambienti in cui risultano mancare gli impollinatori, è stata sviluppata un’ indagine della salute delle persone.
Gli autori sostengono che i politici (in particolare quelli dei paesi vulnerabili), dovrebbero mettere in atto delle strategie in modo tale da attenuare i rischi conseguenti a malnutrizione. L’Unione Europea è stata presa ad esempio per aver limitato l’uso degli antiparassitari promuovendo pratiche naturali salvaguardando l’apicoltura.
Rivelando le vulnerabilità delle nazioni di fronte alla diminuzione di impollinatori, la ricerca potrebbe essere d’aiuto ai politici per prendere decisioni riguardo alle strategie da usare.
Fonte
europa.eu