La preoccupazione in relazione a un reale pericolo. L’informazione gioca un ruolo fondamentale
La percezione soggettiva dell'inquinamento atmosferico può avere importanti implicazioni in termini di comportamenti di protezione della salute da parte dei cittadini e di tutte le parti interessate allo sviluppo di politiche per la tutela dell’aria in città.
Un recente studio, finanziato dall’Unione Europea, ha analizzato il legame tra il livello di preoccupazione per la salute, gli effetti dell’inquinamento e i fattori personali e ambientali in sette città europee. Complessivamente il 58% dei partecipanti risulta preoccupato per gli effetti dell’inquinamento sulla salute, ma con grandi differenze tra le città analizzate. Su scala urbana i livelli medi di preoccupazione hanno avuto un riscontro oggettivo con la presenza di valori di NO2 piuttosto elevati, ma non con la quantità di PM2,5 entro limiti accettabili.
Il livello individuale di preoccupazione è correlato al genere, al fatto di avere o meno dei bambini in famiglia, ai livelli di attività fisica e all’area urbana specifica nel quale si ha la residenza.
L'inquinamento atmosferico è una delle principali cause di patologie e mortalità. Le stime indicano 6,5 milioni di morti ogni anno a causa dell’aria malsana. Il problema risulta particolarmente accentuato negli agglomerati urbani, evidenziando picchi nelle zone in rapido accrescimento. È fondamentale considerare che in Unione Europea il 75% della popolazione vive in città.
La consapevolezza dei cittadini riguardo l’inquinamento atmosferico e i rischi correlati sono fondamentali per mobilitare le risorse e attuare gli interventi necessari per migliorare la qualità dell’aria.
Tuttavia, pochi studi fino ad oggi hanno indagato come effettivamente la percezione del rischio e le preoccupazioni derivate influiscano sulla consapevolezza degli abitanti delle città.
I ricercatori si sono proposti di valutare se esiste un'associazione tra effettiva esposizione ad agenti inquinanti e preoccupazione soggettiva per gli effetti sulla salute.
I dati sono stati raccolti tramite un questionario sottoposto a 7622 adulti in sette città europee: Anversa (Belgio), Barcellona (Spagna), Londra (Regno Unito), Orebro (Svezia), Roma (Italia), Vienna (Austria) e Zurigo (Svizzera). Sono stati prima valutati i livelli di preoccupazione dei partecipanti e poi è stato operato un confronto col reale livello di inquinamento atmosferico ottenuto da misurazioni di quantità di NO2 e di PM2,5 con mappature ad alta risoluzione (per garantire un elevato livello di dettaglio). I dati sono stati poi organizzati in modo da evidenziare come caratteristiche personali, sesso, età, livello di istruzione, figli a carico e svolgimento di attività fisica influiscano sulla percezione.
I risultati indicano che il 58% dei partecipanti è preoccupato per gli effetti sulla salute dell’inquinamento atmosferico. È importante notare che ci sono grandi differenze fra le città: Anversa 78%, Barcellona 81%, Londra 64%, Orebro 11%, Roma 72%, Vienna 43%, Zurigo 33%.
La preoccupazione individuale è significativamente legata al genere, all’avere figli a casa e al livello di attività fisica: gli uomini, gli adulti con bambini e chi pratica più attività fisica dimostra di essere significativamente più preoccupato.
È stato dimostrato che i livelli medi di preoccupazione hanno una buona correlazione con la quantità di NO2, inferiore con quella di PM2,5. Vale la pena osservare che la quantità di NO2 è un indicatore primario dell’inquinamento da traffico veicolare e quindi potrebbe essere correlato ad altri aspetti negativi da esso derivati come rumore, odori sgradevoli e stress.
Questo studio ha una serie di punti di forza. Copre sette città europee con diverse dimensioni, distanti geograficamente con vari livelli di inquinamento atmosferico. I partecipanti sono stati ben bilanciati tra maschi e femmine e i dati sull’inquinamento sono stati armonizzati utilizzando le mappe europee. Tuttavia, dal momento che i partecipanti sono stati reclutati attraverso i luoghi di lavoro e social media, potrebbe essere presente un bias di selezione.
I ricercatori suggeriscono che potrebbero esserci benefici nel considerare le percezioni soggettive invece di affidarsi in modo esclusivo ai dati reali. Ad esempio la preoccupazione soggettiva potrebbe essere sfruttata per migliorare i comportamenti di protezione e per aumentare la partecipazione delle singole persone ai progetti di tutela dell’aria in città.