Le città verdi sono più sane, ma sono anche socialmente eque?

Il rapporto tra gentrificazione e verde urbano

I benefici delle aree verdi urbane sono stati ampiamente documentati dalla letteratura scientifica e, soprattutto negli ultimi anni, ciò ha dato luogo a una spinta verso la realizzazione di nuove infrastrutture verdi all'interno del tessuto urbano. Gli sforzi, non solo economici, per progettare città più ricche di componenti “naturali” e più “biodiverse” hanno mostrato non solo di fornire enormi benefici ecologici, ma anche di migliorare in generale la qualità della vita e il benessere umano.

Eppure, esiste ancora una profonda dicotomia tra la teoria e la pratica dell'integrazione delle aree verdi nelle nostre città. Meno conosciuti sono, infatti, alcuni effetti collaterali legati alla realizzazione di infrastrutture verdi urbane. Queste possono all'opposto contribuire, se non ben pianificate con la collaborazione di professionalità scientifiche, come quelle dei sociologhi ambientali, alla creazione di disuguaglianze spazialmente distribuite che, a loro volta, portano alla "eco-gentrificazione" o “gentrificazione verde”.

Il termine “gentrificazione”, coniato negli anni '60 dalla sociologa Ruth Glass per descrivere un cambiamento da lei osservato in molti quartieri di Londra in cui la gente della classe media aveva iniziato a trasferirsi in aree tradizionalmente popolari, è divenuto negli ultimi anni molto popolare a proposito degli interventi di rigenerazione e riqualificazione urbana.  La Glass notò che, una volta avviata, la gentrificazione può progredire rapidamente fino a quando tutti o la maggior parte degli occupanti della classe lavoratrice vengono spostati e l’intero distretto interessato al fenomeno subisce un conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni. Glass osservò che, sebbene la classe media stesse "elevando" lo status e le condizioni delle aree residenziali precedentemente degradate, la gentrificazione era un problema di gestione alquanto complessa. Lo spostamento delle famiglie più povere e delle piccole imprese e la scomparsa della cultura e della storia locali si presentarono, fin dall'inizio, tra gli esiti problematici della gentrificazione, e questo continua oggi a essere un importante punto di discussione, tanto che, da alcuni critici, il termine è visto come una parola in codice per indicare la rimozione distruttiva dei poveri nei quartieri urbani.

Alla luce di questa storia culturale è perciò importante tenere a mente le varie connotazioni legate al significato della gentrificazione quando si usa questo termine. Come detto la possibilità di fruire le aree verdi ha riflessi positivi per la salute fisica e psichica dei residenti urbani e leggendo i lavori relativi alla salute pubblica, alla pianificazione urbana e alla giustizia ambientale e dell'epidemiologia emerge abbastanza chiaramente che gli interventi dovrebbero basarsi su un modello più dinamico di comunità che tenga conto delle potenziali conseguenze sociali non intenzionali degli interventi effettuati.

Si è parlato molto di questo fenomeno negli ultimi tempi quando interventi di rigenerazione urbana hanno riqualificato quartieri o aree degradate in varie città del mondo e un esempio su tutti è sicuramente quello della High Line di New York.   La sua realizzazione iniziò nel 2006 con lo scopo di trasformare un retaggio dell'età industriale in un giardino post-industriale e in un'attrazione turistica. Fin dall’inizio il progetto apparve innovativo, ma potenzialmente molto rischioso. A distanza di qualche anno dall’apertura, avvenuta nel 2009, la High Line sta subendo il suo stesso successo: con oltre 5 milioni di visitatori stimati al sito ogni anno (ma sono stati oltre 7 milioni nel 2015), questo esempio di rigenerazione conosciuto in tutto il mondo è riuscito a trasformare l'intero carattere socio-economico del quartiere che lo circonda. Molte piccole imprese e residenti a basso reddito sono stati costretti a trasferirsi a causa dell'aumento dei valori degli immobili e del suolo pubblico, mentre anche coloro che possono permetterselo hanno iniziato a sperimentare gli aspetti negativi della vita o del lavoro in un'area che attrae milioni di turisti.

La High Line è quindi un perfetto esempio di "gentrificazione ambientale" - il crescente fenomeno dell’aumento dei valori immobiliari sulla scia di un progetto di “greening urbano” su larga scala. È un po' come l'introduzione di un nuovo hub di trasporti (si pensi a ciò che ha significato la Tramvia di Firenze per il comune limitrofo di Scandicci) o di altri grandi progetti infrastrutturali: pur essendo inteso a servire i residenti esistenti, in realtà tende ad aumentare i valori del suolo e degli immobili al punto che coloro che vivono lì sono costretti ad andarsene. Questo esodo a sua volta trasforma i contorni sociologici dell'area e, per estensione, la segregazione spaziale dell'intera città.  

All'interno di questo quadro, sorgono due domande chiave riguardanti i benefici per la salute delle aree verdi di nuova creazione: chi trae benefici a breve e a lungo termine dagli interventi di “greening” nei quartieri a basso reddito sottoposti a processi di rivitalizzazione? Le città verdi possono essere sia sane che socialmente eque? Per rispondere a queste domande, la ricerca deve tener conto della relazione reciproca tra la rigenerazione urbana, soprattutto intesa come la realizzazione di quartieri con più verde e come intervento di sanità pubblica e il processo di gentrificazione. come processo socioeconomico e (a volte) progetto politico che, come dimostrato in diverse studi, accompagna le nuove iniziative di “greening” urbano.

Lo spazio verde urbano deve essere pertanto progettato nel contesto delle complessità e della continua evoluzione dei processi socio-naturali. Tutte le professionalità coinvolte nella rigenerazione di aree urbane e nella creazione di spazi verdi devono riconoscere e tenere conto delle questioni di giustizia ambientale prodotte dalle strutture socioeconomiche urbane attraverso strategie "just green enough", cioè “abbastanza verdi” che integrino le politiche di pianificazione partecipativa e anti-gentrificazione basate sulla comunità, garantendo in tal modo l'equa realizzazione e distribuzione dei benefici dello spazio verde.

Francesco Ferrini - Presidente Scuola di Agraria, Università di Firenze