La finestra sul verde
Autore – Tommaso Pardi
L’Orto Botanico di Pisa – il più antico del mondo e il più digitale
Premesse
L’Orto Botanico viene fondato nel 1543 dal naturalista, medico e botanico Luca Ghini (1490-1556), si tratta del primo orto botanico universitario del mondo.
Costruito originariamente sulle rive del fiume Arno, fu trasferito nell’attuale sede nel 1591 e poi ampliato progressivamente fino all’attuale estensione di circa due ettari. Ospita piante dei cinque continenti.
L’Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa contribuisce con le sue attività educative e formative alla didattica universitaria e scolare, alla promozione della conservazione della biodiversità e alla divulgazione della cultura scientifica ad un pubblico sempre più vasto e ampio, nell’adempimento della cosiddetta “terza missione”.
Lorenzo Peruzzi, direttore dell'Orto e Museo Botanico e Professore Ordinario presso il Dipartimento di Biologia, ci racconta la storia, le innovazioni tecnologiche, le sfide e l'importanza di questo luogo unico.
L’intervista
Direttore, grazie per la sua disponibilità. Partiamo con la prima domanda di questa rubrica. Cosa rappresenta per lei essere il Direttore del primo orto botanico universitario del mondo?
La prima parola che mi viene in mente è responsabilità, nel senso che stiamo parlando dell'Orto e Museo Botanico universitario più antico al mondo per fondazione, che ha visto succedersi, alla direzione, personaggi che hanno fatto la storia Botanica come Luca Ghini, uno dei fondatori della botanica moderna e dell’“Orto dei semplici” (il primo nome dell’attuale Orto Botanico pisano), Gaetano Savi e tanti altri che ora sarebbe riduttivo elencare. Poi ti ritrovi tu alla direzione e ti senti addosso il peso della della responsabilità a tenere le redini di questa istituzione che ha quasi 5 secoli di storia. Allo stesso tempo c’è la gestione quotidiana da affrontare, come in tutte le realtà, con i suoi problemi più svariati e imprevedibili, e chiaramente devi sempre cercare di trovare la migliore soluzione in tempi rapidi. Indubbiamente si tratta comunque di un ruolo bellissimo e stimolante allo stesso tempo: la soddisfazione e l’orgoglio che provi quando le cose funzionano e quando la struttura viene apprezzata dai visitatori controbilanciano responsabilità e problemi.
L’Orto botanico ormai è parte del centro della città, dal suo interno si può ammirare la Torre Pendente. Che rapporto ha con la città di Pisa? Sono più i turisti, studiosi od i cittadini che lo frequentano?
Non abbiamo dati precisi in questo senso, ma tenderei a dire che oltre la metà dei visitatori che accogliamo sono turisti, data la vicinanza con Piazza dei Miracoli, moltissimi dei quali stranieri. L’anno scorso, il 2024, abbiamo registrato oltre 112.000 visitatori. I dati di questi primi mesi del 2025 sono già tutti superiori agli stessi mesi dello scorso anno, con un trend in costante crescita negli ultimi anni.
Cosa attrae l’Orto Botanico?
La vicinanza della Torre Pendente gioca un ruolo importante essendo sulle vie turistiche di passaggio principali ed avendo anche un ingresso lì vicino. Alcuni turisti sono attratti proprio da questo ingresso (via Roma). Tanti però visitano l’Orto perché hanno un interesse per le piante. La nostra missione primaria, sin dalla nascita dell’istituzione, è quella di effettuare didattica e ricerca in ambito botanico.
Oltre a supportare la ricerca scientifica e la didattica universitaria che si svolge nei Dipartimenti dell’ateneo pisano (principalmente Biologia, Farmacia, Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali),, svolgiamo attività di divulgazione delle conoscenze botaniche per le scuole di ogni ordine e grado, ma anche a livello della cittadinanza. Abbiamo un programma di attività molto articolato e denso di eventi, conferenze, iniziative di vario tipo proprio per cercare di trasmettere dei messaggi di divulgazione.
Siamo uno dei Musei cittadini più attrattivi e visitati, sia per i turisti sia per appassionati e studiosi, in virtù del grande numero di piante, del Museo e del percorso digitale.
Oggi più che mai è importante tutelare la biodiversità (anche la Costituzione italiana all’art. 9 ha recepito questa esigenza). L’Orto Botanico che contributo può dare a questa nuova esigenza ambientale?
La nostra missione e visione sono orientate alla divulgazione dell'importanza della conoscenza e tutela della biodiversità vegetale, declinata quindi sul lato “verde”. Non saprei dire quanto il recente aggiornamento della Costituzione abbia influenzato direttamente la nostra attività, poiché lavoriamo da sempre in questa direzione. Non abbiamo percepito, almeno per quanto riguarda il pubblico, un cambiamento significativo.
L’inserimento dell’obiettivo di tutela ambientale nella Costituzione è comunque fondamentale e importantissimo, non tanto per la vita quotidiana della nostra Istituzione, quanto piuttosto perché rappresenta uno strumento in più per proteggere l’ambiente dall’impatto delle attività dell’uomo.
Un aspetto che desidero chiarire e mettere in luce è che il nostro Orto Botanico punta moltissimo alla valorizzazione della biodiversità vegetale da tutti i punti di vista. Questo obiettivo viene perseguito attraverso attività didattiche, divulgative e di ricerca. La biodiversità è la diversità naturale generata dalla storia evolutiva delle specie selvatiche, che va conosciuta e tutelata, anche in conformità con quanto sancito dalla Costituzione.
Esiste una componente, legata agli orti botanici in senso molto ampio, che potrebbe includere la cosiddetta agro-biodiversità. Quest’ultima rappresenta la diversità genetica delle piante coltivate, creata dall’uomo attraverso incroci e selezioni. Sebbene essa abbia una sua rilevanza storico-culturale-economica, non ha niente a che vedere con la biodiversità tutelata dalla Costituzione.
Il nostro Orto Botanico si concentra quasi esclusivamente sulla biodiversità come sopra definita. Non tutti gli orti botanici hanno questa chiara collocazione, alcuni seguono approcci diversi. Noi, a Pisa, non investiamo sull’agro-biodiversità né a livello di collezioni né a livello di attività proposte all’interno dell’Orto Botanico o della struttura museale annessa.
Una curiosità: L’Orto Botanico viene aggiornato di nuove varietà e con che criterio vengono ospitate le nuove piante?
Questo è un argomento molto interessante e ci sono due aspetti principali: la didattica e la ricerca, che sono i pilastri alla base della nascita degli orti botanici universitari. A seconda dell’aspetto che si vuole sviluppare, cambia anche il criterio con cui viene allestita una collezione scientifica. Se l’obiettivo è focalizzarsi sulla ricerca o supportare la ricerca, è chiaro che si metteranno in coltivazione piante che devono essere studiate o monitorate per qualche motivo. Potrebbero essere specie selvatiche che richiedono una caratterizzazione dal punto di vista conservazionistico o sistematico, al fine di studiarne le relazioni biologiche ed ecologiche. Tuttavia, c’è anche un’altra anima dell’Orto Botanico, quella didattica. In questo caso, sempre adottando criteri scientifici, e non estetici o di altro tipo, si aggiornano le specie presenti. Lo scopo è massimizzare la diversità delle specie per offrire un quadro rappresentativo dei vari tipi di alberi, arbusti ed erbe, includendo una varietà di provenienze geografiche e adattamenti ecologici.
In questo contesto, è fondamentale procurarsi specie selvatiche, un obiettivo che realizziamo grazie a una rete globale di scambio tra orti botanici. Attraverso questa rete, arricchiamo le collezioni del nostro Orto Botanico. A Pisa, attualmente, ospitiamo poco più di 4.000 individui, appartenentei a circa 2.000 specie diverse.
Quando non troviamo una specie in natura o in altri orti botanici, ci rivolgiamo ai vivai, cercando comunque l’equivalente selvatico della pianta. Tuttavia, questa è una soluzione “di riserva”. Il nostro obiettivo primario è rappresentare e valorizzare la diversità naturale e, per questa ragione, abbiamo estremamente ridotto la componente di acquisizione di piante ornamentali da vivai, una pratica perseguita in passato anche dalla nostra Istituzione. Il fine ultimo è fornire un’idea della diversità biologica globale e della sua importanza, concentrandoci su criteri scientifici.
Abbiamo parlato di “rete” di orti botanici, allora entriamo nella “rete” in ambito digitale. In questo periodo di transizioni digitale dove tutto “deve” essere in rete, che progetti sono in cantiere nel “campo digitale”?
A livello digitale siamo messi abbastanza bene, anzi, senza falsa modestia, forse siamo quelli messi meglio in Italia. Già da anni abbiamo iniziato un processo di digitalizzazione. Il Museo, la cui parte principale sono gli erbari, collezioni di piante essiccate, è già in parte online. Abbiamo circa 350.000 campioni d’erbario. Ad oggi solo il 15% di essi è digitalizzato, con immagini, tutti i dati riportati sui cartellini e georeferenziazione della località di raccolta liberamente accessibili online (https://erbario.unipi.it/it). Entro quest’anno arriveremo al 100%, perché siamo riusciti a rientrare in un progetto di digitalizzazione massiva, coordinato dall'università di Padova, che si sta svolgendo con specifici macchinari situati all’Erbario Centrale Italiano di Firenze (il maggiore erbario italiano). Proprio a Firenze stiamo trasportando anche i nostri campioni, che in poco tempo saeanno totalmente digitalizzati.
Per quanto riguarda le collezioni di piante vive coltivate in Orto Botanico, abbiamo elaborato grazie alla collaborazione con il Sistema Informatico di Ateneo una database chiamato U-Plant, usato dal nostro staff orticolturale, che ci permette di annotare, per ogni singolo individuo da dove proviene o dove e quando è stato raccolto, in che condizioni è quella pianta, dove la pianta è collocata esattamente nel giardino. Prima queste informazioni venivano archiviate su schedari cartacei che magari si perdevano o non venivano aggiornati, creando dei “buchi” nella documentazione scientifica che ogni pianta coltivata in un orto botanico deve portare con sé. Da 4/5 anni abbiamo attivato questo processo e siamo stati i primi in Italia a farlo. Il database ci permette di gestire tutta la filiera delle collezioni, dall'arrivo delle piante alla loro collocazione nell'orto botanico. I membri del nostro staff hanno tra i loro impegni anche quello di aggiornare costantemente il database. In parallelo, abbiamo lanciato anche la versione aperta al pubblico del database, che abbiamo chiamato U-Plant DISCOVER ( https://uplantdiscover.sma.unipi.it/). Con questo sistema abbiamo creato dei percorsi tematici, divisi per stagione in modo da valorizzare tutto ciò che è presente nel nostro Orto Botanico, permettendo a tutti di poter visualizzare una mappa dove vedi esattamente la collocazione di quell’individuo nel giardino, trasferendo al visitatore più informazioni possibili e fornendo, anche in remoto, un quadro di tutte le specie abbiamo in coltivazione. Anche le foto che si possono osservare sul sito sono foto (scattate dal nostro staff o a volte anche dagli stessi visitatori) relative proprio a quel singolo individuo in coltivazione e non genericamente riferite a quella specie.
Lei è Professore dell’Università di Pisa e quindi appartiene al mondo della Ricerca. Come siamo messi in Italia tra collaborazione con le imprese per lo sviluppo di nuove applicazioni in campo ambientale? Mi immagino la natura e benessere delle persone, economia circolare per nuovi fertilizzanti, ma anche piante in grado di depurare.
Dipende da cosa si prende in considerazione. Io mi occupo di biodiversità, piante selvatiche, un campo che, fondamentalmente, non è molto attrattivo per le aziende. Rispetto ad altre tematiche, come quelle legate all’agro-biodiversità e affini, l’interesse delle imprese è invece molto alto. In questi contesti, c’è un contatto quasi "naturale" tra ricerca e industria, che si concretizza nello sfruttare le conoscenze scientifiche sulla coltivazione, sul miglioramento genetico e su tutto ciò che ruota intorno a tali ambiti. Si tratta, in senso lato, di attività tipiche degli agronomi. Per noi botanici, invece, è più complesso, soprattutto per le dinamiche legate al focus su piante di interesse ornamentale, alimentare o cultivar che poco hanno a che vedere con la flora spontanea. In questi casi, è chiaramente più difficile trovare un punto di contatto.
Personalmente, ad esempio, ho sempre avuto il pallino di promuovere l’utilizzo di piante autoctone nei parchi e giardini italiani come soluzione per contrastare le invasioni biologiche e tutelare la biodiversità. Stiamo supportando come Orto Botanico, a tal proposito, un progetto sperimentale del mio Dipartimento per la realizzazione di un parco costiero costituito da flora autoctona nel Comune di Forte dei Marmi. Di solito, però, l’attenzione si concentra su caratteristiche pratiche: quanto velocemente cresce una pianta, quanta ombra offre, quanto è bella, quanto è facile coltivarla o quanto resiste ai patogeni. Questo ha portato a concentrarsi quasi esclusivamente su specie esotiche provenienti dai luoghi più disparati, come Sudamerica, Sudafrica, Australia o altri paesi. Il problema è che così facendo si sottrae spazio alla flora spontanea e si minaccia la biodiversità (una parte delle specie coltivate oggi potrebbero divenire le specie esotiche invasive di domani). Sarebbe bello, e anche più sostenibile, valorizzare la flora spontanea.
Quelle specie esotiche che oggi si comportano come invasive sono state introdotte in passato, magari decenni fa, per scopi ornamentali, senza consapevolezza. Ecco perché penso che si potrebbero incentivare i vivai a produrre piante autoctone da proporre a privati e enti pubblici. Non mancano, nella nostra flora, alberi, arbusti ed erbe esteticamente belli, capaci di fare ombra o di assolvere ad altre funzioni utili al verde pubblico e privato. Un aspetto importante è garantire la provenienza certificata delle piante. Ad esempio, se raccolgo semi di leccio nel nord della Spagna e li porto in Italia, rischio di inquinare geneticamente le popolazioni locali di leccio autoctono e di provocare danni ancora maggiori. Eventuali futuri problemi relativi alle invasioni biologiche potrebbero essere evitati applicando un banale principio di prudenza. Prima di utilizzare specie aliene, proverei a utilizzare quelle autoctone, contribuendo così, tra l’altro, alla salvaguardia della biodiversità. In questo modo, anche in contesti urbani, si possono creare spazi che riflettono le specie presenti naturalmente nell’ambiente circostante, avviando un circolo virtuoso.
Per quanto riguarda parchi e giardini pubblici, sarebbe possibile introdurre questi concetti nei bandi di gara e nei relativi capitolati? È molto difficile far passare questa mentalità, ma sarebbe più efficace partire dal basso, creando una maggiore consapevolezza tra i cittadini. Quando, durante eventi divulgativi, mi viene chiesto: "Noi, come singoli cittadini, possiamo fare qualcosa?" Rispondo semplicemente: iniziate a coltivare piante autoctone nei vostri giardini, o a richiederle. Se questa domanda partisse dal basso, potrebbe forse portare a una domanda più strutturata e a un cambiamento significativo.
Grazie per la piacevole intervista. La sua dedizione e la passione per la Botanica emergono chiaramente, offrendo una visione stimolante per il futuro della ricerca e della conservazione. Non ci resta che invitare i lettori ad una visita virtuale e a visitare di persona questo Orto “dei miracoli”.
Risorse in rete
https://www.ortomuseobot.sma.unipi.it/
https://uplantdiscover.sma.unipi.it/