Aree naturali a protezione delle api

Boschi e zone incolte nei pressi dei frutteti mitigano gli effetti dei pesticidi sulle popolazioni di impollinatori. I risultati di uno studio statunitense
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Gli impollinatori, come le api, forniscono un importante e spesso sottovalutato servizio ecosistemico nelle aree agricole, aumentando la produttività e quindi i profitti.
Tradizionalmente, le api sono le principali responsabili di questi benefici, ma le loro popolazioni sono diminuite negli ultimi 50 anni, per motivi che includono il cambiamento di uso del suolo, le malattie e l'esposizione ai prodotti chimici. Questo ha portato a carenze di alveari a disposizione per l'impollinazione delle colture agricole, portando a una forte domanda e a un aumento dei canoni di locazione per gli alveari in Nord America.
La gestione delle colture può comportare l'utilizzo di una serie di pesticidi, ma pochi studi hanno esaminato in che modo le sostanze chimiche riescano a influire sulla sopravvivenza delle api selvatiche. Le aree naturali circostanti i campi coltivati potrebbero mitigare l'effetto dei trattamenti, ma questo aspetto è ancora poco studiato.

Dei ricercatori statunitensi hanno esaminato le api nel 2011 e nel 2012 su 19 frutteti di meli (Malus domestica) gestiti con differenti regimi di trattamento nel centro di New York, Stati Uniti. La tossicità dei pesticidi più comunemente usati è stata valutata utilizzando una versione modificata del Environmental Impact Quotient – EIQ (quoziente di impatto ambientale): il Bee Impact Quotient – BIQ. Nel complesso, circa 25 insetticidi e 25 fungicidi sono stati valutati nello studio. I ricercatori hanno anche misurato la percentuale di area naturale (incolto o terreni minimamente gestiti) che circonda i frutteti.
In totale, hanno documentato la presenza di 1.820 api domestiche e 3.800 api selvatiche, in rappresentanza di 71 specie.
La maggior parte delle api selvatiche trovate appartengono al genere Andrena, note come
api minerarie. Otto specie di bombi hanno composto il 6% delle api selvatiche campionate.

Nel confronto tra i risultati delle indagini sulle api e il BIQ per entrambi gli anni, i ricercatori hanno osservato una diminuzione significativa nell'abbondanza delle api selvatiche un anno dopo l'applicazione dei pesticidi. Anche il numero di specie di api selvatiche ha registrato un leggero calo. Nel complesso, si tratta di variazioni negative correlate all'applicazione dei fungicidi prima e durante la fioritura, e degli insetticidi dopo la fioritura.
Lo studio ha scoperto che alcuni fungicidi che hanno avuto un effetto negativo, sono attualmente etichettati come non nocivi per le api.

Dalla ricerca emerge anche che l'abbondanza di api selvatiche e il numero di specie sale insieme alla percentuale di habitat naturale circostante. Le aree non gestite offrono siti di nidificazione supplementari e aree di foraggiamento per le api selvatiche, e quindi riducono la loro esposizione ai pesticidi.
I ricercatori sottolineano le numerose implicazioni del loro lavoro. Affermano che la loro ricerca suggerisce che la diminuzione del numero di api selvatiche è il risultato della loro esposizione ai pesticidi agricoli, tra cui alcuni che non sono attualmente ritenuti dannosi. Essi auspicano un aumento delle ricerche sulla tossicità di questi principi attivi, una riduzione del loro utilizzo, in particolare durante e vicino alla fioritura, e la creazione di aree naturali o semi-naturali nei pressi dei frutteti. Nel complesso, gli autori garantiscono che tali strategie consentirebbero la protezione delle colture da parassiti, limitando al contempo i danni alle api selvatiche, potenziando i servizi di impollinazione per le colture in allevamento.