L’Italia e il verde urbano: segni evidenti di stress ambientale

I miglioramenti degli ultimi anni nel settore sono piccoli e spesso poco funzionali. Analisi di un problema che andrebbe valutato senza porsi limiti territoriali.
Importanti cambiamenti nella qualità dell'ambiente urbano si sono verificati in Europa negli ultimi decenni e, nonostante i progressi compiuti (piccoli, vista la fatica nell’applicazione degli accordi di Parigi e il rifiuto da parte degli Stati Uniti di farlo) nel controllo dell'inquinamento atmosferico e idrico locale, le aree urbane mostrano segni crescenti di stress ambientale. Probabilmente la principale preoccupazione per le aree urbane è la qualità dell’aria con effetti spesso esiziali sulla qualità della vita.
A ciò si aggiunge che le città assorbono quantità crescenti di risorse e producono quantità crescenti di emissioni e di rifiuti, causando oneri significativi sull'ambiente locale e globale. Questi problemi sono i segnali di una crisi più profonda, e richiedono un ripensamento degli attuali modelli di organizzazione e sviluppo urbano.
I sintomi di stress ambientale nelle città diventano evidenti quando esaminiamo in dettaglio la qualità delle componenti ambientali e dei loro effetti sulla salute e sulla qualità della vita della popolazione urbana. Tuttavia, le cause di stress urbano possono essere comprese solo quando esaminiamo come le città funzionano e come la loro organizzazione spaziale influenza le loro prestazioni ambientali. La qualità dell'ambiente urbano è il risultato delle interazioni di molte variabili interdipendenti e tra attività urbane e struttura della città e, quindi, l'impatto delle attività urbane sull'ambiente locale non è la somma dei singoli effetti. Come conseguenza nelle città le persone sono esposte contemporaneamente a concentrazioni elevate di inquinanti nell’aria, nell’acqua e nel suolo. Le sinergie tra questi fattori generano stress ambientale.
Affrontare le cause dei problemi ambientali, invece di curare i loro sintomi, è necessario se vogliamo che gli attuali sforzi per migliorare la qualità dell'ambiente urbano abbiano una speranza di successo. I problemi ambientali delle città sono spesso trattati come problemi locali, ma non è e non deve essere così. Il problema è globale. Se è pur vero che le condizioni ambientali locali incidono sulla salute della popolazione esposta, i problemi ambientali che colpiscono le aree urbane sono strettamente legate ai problemi regionali e globali per le loro cause più comuni e gli effetti interdipendenti. L’inquinamento atmosferico urbano è legato all'acidificazione, allo smog fotochimico e al cambiamento climatico attraverso le emissioni di inquinanti atmosferici dalla combustione di combustibili fossili e i suoi effetti possono essere anche più dannosi lontano dalla fonte primaria di emissione. Tipico è l’esempio dell’ozono, la cui formazione avviene prevalentemente nelle aree urbane ma che si può diffondere anche in aree più periferiche o in campagna dove la ridotta presenza di inquinanti riducenti (come il monossido di azoto) rende l’ozono più stabile; la concentrazione può quindi rimanere alta per lunghi periodi e raggiungere anche dei picchi in aree impensabili. Infine il fatto che le città riducano le loro risorse locali e aumentino la loro dipendenza dalle risorse globali importate le rende più vulnerabili agli effetti del cambiamento ambientale globale.
Questa lunga prefazione penso sia necessaria per inquadrare il problema delle aree verdi e della loro pianificazione/progettazione/realizzazione/gestione nel nostro Paese. Nonostante vari leggi e leggine, tonnellate d’inchiostro versato per stampare articoli e relazioni a convegni, in cui si è cercato di spiegare quelli che sono i benefici del verde urbano (e non solo) e le grida di allarme sulle conseguenze del cambiamento climatico, poco o niente è stato fatto in fatto di reali interventi. Ancora oggi i comuni usano il proprio suolo come un bancomat e preferiscono monetizzare gli oneri di urbanizzazione per utilizzarli nelle manutenzioni ordinarie anziché realizzare nuove aree verdi.

Sappiamo quali sono i benefici delle aree verdi e io spesso ne ho parlato e scritto fino alla noia, ma quanto di questo viene poi tradotto in reali politiche ambientali proiettate nel futuro? Praticamente niente. Siamo molto bravi a riempirci la bocca di discorsi, e così lo sono i nostri politici a sproloquiare spesso senza avere la minima conoscenza e consapevolezza di ciò che stanno dicendo, quando parliamo dell’importanza del verde e del rispetto dell’ambiente e lo siamo ancora di più quando ci confrontiamo con altri paesi, in cui il tema del verde urbano è un tema prioritario, mostrando e citando esempi di come esso viene pianificato, progettato, realizzato e gestito (io stesso lo faccio spesso). Poi quando facciamo qualcosa nel nostro Paese siamo come quei turisti che vengono in Italia, gustano il sapore di una bella pasta all’Amatriciana, si cercano la ricetta su Internet e poi tornano a casa e la fanno con pasta di grano tenero, la fanno scuocere ben bene e usano il ketchup al posto del pomodoro; il tutto adoperando prodotti il meno costosi possibile. Il risultato non può che essere una schifezza, così come lo sono alcune dei brandelli di “verde” che vengono realizzati a scomputo oneri dopo l’urbanizzazione di aree per la costruzione di orridi capannoni che oramai caratterizzano certe aree del nostro paese. Questi impianti vengono realizzati utilizzando materiale di infima qualità, spesso costituito da specie che nessuno consiglierebbe (es. i nuovi centri commerciali circondati da rachitici Prunus pissardi), privi di impianto di irrigazione, su terreno di risulta, pieno di detriti e poi lasciati al loro destino con le infestanti che sono più alte degli alberi. Il tutto in mezzo a torride distese di asfalto.

E la politica cosa fa? È presto detto: praticamente niente. In 30 anni ha prodotto una legge (la 10, 2013) che ha dei limiti quasi infantili in alcune sue parti.
Eppure, proprio perché sono noti i benefici degli alberi, avremmo bisogno di ben altro. Pensiamo solamente a quanti ministeri potrebbero essere interessati da buone, “sostenibili e resilienti” politiche ambientali urbane:
1) Interno e Difesa (2 ministeri): la presenza di aree verdi ben progettate e gestite determina una diminuzione della quantità di crimini di ogni genere;
2) Economia e finanze e Sviluppo economico (2 ministeri): è conclamato e testimoniato da migliaia di studi indipendenti e replicabili che il verde urbano stimola l’economia a diversi livelli;
3) Politiche agricole, alimentari e forestali: es. crescita dell’attività vivaistica;
4) Ambiente, tutela del territorio e del mare: Miglioramento ambientale, riduzione dell’inquinamento, riduzione degli effetti degli eventi meteorici, ecc.;
5) Infrastrutture e trasporti: riduzione dell’inquinamento lungo la viabilità, realizzazione di infrastrutture verdi;
6) Lavoro e politiche sociali. Sono noti gli effetti positivi del verde urbano sulla riduzione delle problematiche sociali;
7) Beni, attività culturali e turismo: Città con aree verdi diffuse e ben mantenute hanno flussi turistici maggiori e una maggiore propensione alla spesa da parte dei turisti;
8) Salute e sport (2 ministeri): Sono noti gli effetti diretti e indiretti del verde sulla salute e sul benessere delle persone. Un verde ben distribuito e gestito può portare a risparmi di miliardi di euro nelle spese sanitarie.
 
Voglio ancora sottolineare l'importanza cruciale della pianificazione del verde dalla scala della singola città a quella dell’intero Paese, lasciando per una volta perdere stupidi campanilismi e logiche di partito che non hanno portato, non portano e non porteranno il nostro Paese da alcuna parte. Su questa scala si può considerare l'organizzazione spaziale degli elementi dello spazio verde, ad esempio da una prospettiva ecologico- paesaggistica. I concetti di raggi verdi, delle parkways, delle greenways e delle reti ecologiche possono essere implementati per consentire un migliore accesso agli spazi verdi, il che significa non solo l'accesso ai parchi più vicini, ma anche la creazione di un vero e proprio network verde per la ricreazione.
A causa delle sue attività multifunzionali e interconnesse, che offrono vantaggi ecologici, sociali, salutari ed economici specifici, l'impatto di un network di aree verdi come rete è più grande dell'impatto della somma delle sue parti. Tuttavia, la pianificazione e l'attuazione di un concetto di infrastrutture verdi su scala almeno regionale necessita di un certo momento in cui tutte le parti interessate concordano di collaborare per sostenere un obiettivo a lungo termine. Quindi non in 5 anni che è più o meno l’orizzonte politico dei nostri decisori le cui decisioni vengono spesso prese nell’anno prima dell’eventuale rielezione oppure vengono lasciate al successore, ma in un arco di tempo ben maggiore.
Inoltre, i cambiamenti nei miglioramenti sono incrementali quando si esaminano progetti singoli all'interno di una strategia di pianificazione del network verde. Ciò può essere ottenuto definendo compiti strategici e operativi per tutti i livelli di amministrazione in un processo co-produttivo. Inoltre, è fondamentale trasferire le conoscenze dei servizi ecosistemici agli stakeholder per renderli consapevoli dei potenziali di un piano coordinato delle aree verdi a livello globale.

Basandosi su questi ragionamenti, molte città hanno politiche pianificatorie, non solo relative al verde, che guardano al 2030, al 2050 o, come il caso di Vancouver, al 2080. Noi forse non ci saremo più, ma dobbiamo sempre ricordare che “La Terra non ci è stata lasciata in eredità dai nostri padri, ma ci è stata data in prestito dai nostri figli" (Antico proverbio indiano).

Francesco Ferrini, presidente della Scuola di Agraria dell'università di Firenze