Molteplici i fattori da prendere in considerazione per selezionare le piante che andranno a comporre le aree esterne alle grandi strutture viarie.
In un precedente articolo avevamo analizzato le caratteristiche generali del verde autostradale (
clicca per leggere). Adesso le considerazioni si spostano sui cirteri necessari per una giusta scelta delle specie utilizzabili nella progettazione delle aree esterne alle grandi strutture viarie. Esse comprendono una gamma diversificata e attraente di alberi, arbusti, erbe e fiori selvatici che possono costituire un’attrattiva nelle diverse stagioni.
Quelle da privilegiare sono caratterizzate da spiccata adattabilità e/o tolleranza alle difficili condizioni del suolo, alla siccità, alle temperature estreme, ai differenti tipi di inquinamento e resistenza ai parassiti conosciuti.
Ogni singola specie può avere alcuni dei requisiti richiesti, ma sarà molto difficile, se non impossibile, identificarne una capace di risolvere tutte le situazioni. Ne consegue che la scelta delle specie per la costruzione delle barriere vegetali è un’operazione che di volta in volta il progettista è chiamato a compiere sulla base delle specifiche esigenze e condizioni locali (Debernardi e Graziano, 2002).
Prioritariamente si dovrebbero prendere in considerazione le piante caratteristiche della zona geografica e fitoclimatica; in seguito si può anche decidere di introdurre specie alloctone onde risolvere l’eventuale deficit di specie utilizzabili per la creazione di una barriera ottimale. L’introduzione di specie esotiche deve essere effettuata scegliendo fra quelle che abbiano dimostrato una buona efficacia nei confronti dell’inquinante o del fattore che si vuole abbattere e che, chiaramente, non abbiano caratteristiche di invasività.
Composizione specifica
Nella progettazione della barriera si dovrà tenere conto sia delle condizioni ecologiche in cui si deve operare, sia della disponibilità di materiale vegetale; in ogni caso si tenga presente che una barriera polispecifica risulta, nella maggior parte delle situazioni, più versatile di una costituita da una sola specie.
Dal punto di vista generale le latifoglie decidue, soprattutto quelle a foglia più larga, hanno normalmente una notevole efficacia nei confronti sia degli inquinanti atmosferici sia del rumore. Tuttavia, tale efficacia è limitata al periodo di attività vegetativa, motivo per cui è opportuno prendere in considerazione anche le specie semidecidue e le sempreverdi. Possibili problemi legati a manifestazioni fenologiche tipiche della specie (polline, frutti marcescenti) o caratteristiche intrinseche (es. radici superficiali) sono da tenere in considerazione soprattutto in virtù della zona di destinazione d’uso della barriera, onde evitare successivi interventi.
Riguardo all’altezza per la formazione di barriere pluristratificate, che sono risultate quelle generalmente più efficienti, è necessario prevedere l’altezza massima che deve raggiungere ciascuno strato, in maniera da conservarne la continuità in senso verticale. Per questo è necessario scegliere piante a potenzialità di crescita differenziata. Negli strati più bassi della barriera sono preferibili specie a chioma contenuta (arbusti o piccoli alberi), in modo da rendere possibile sesti di impianto più fitti. Alberi a chioma più espansa possono essere usati in posizione più arretrata. Gli strati bassi della barriera dovranno essere formati da piante sciafile e, salendo, secondo un gradiente verticale, sarà possibile usare specie a eliofilia crescente.
I parametri strutturali di una barriera hanno una grande importanza ai fini della sua efficacia, sia che si voglia massimizzare l’effetto locale di protezione che quello regionale (Batistoni et. al., 1995). L’efficacia locale è legata all’ampiezza della barriera vegetale che a sua volta è in funzione della zona da tutelare, siano essi insediamenti umani o zone di particolare pregio ambientale.
Perché l’ampiezza della barriera sia ottimale nel proteggere gli insediamenti dagli inquinanti (atmosferici, acustici), si dovrà tenere conto di diversi elementi.
Lunghezza: nel caso di sorgenti di rumore lineari continue (assi stradali e ferroviari) possono verificarsi fenomeni di aggiramento ai margini della barriera stessa. Tali fenomeni sono dovuti al fatto che le sorgenti sono di tipo mobile e l’emissione di energia sonora è continua.
Posizionamento: la barriera dovrebbe essere posizionata il più vicino possibile alla fonte di emissione piuttosto che agli insediamenti da proteggere. Ciò serve per ridurre l’effetto di “scavalcamento” da parte dell’onda sonora. Ferretti et al. (1992) hanno poi osservato che, relativamente alla riduzione dei metalli pesanti, la maggiore efficacia è assicurata da barriere pluristratificate poste ad una distanza dal margine stradale non superiore a 1 m. Il problema, in questo caso è dato dalle legislazione vigente che prevede che “la distanza dal confine stradale, fuori dai centri abitati, da rispettare per impiantare alberi lateralmente alla strada, non può essere inferiore alla massima altezza raggiungibile per ciascun tipo di essenza a completamento del ciclo vegetativo e comunque non inferiore a 6 m”. È perciò necessario ricorrere all’impianto di arbusti come prima fascia di vegetazione in prossimità della sede stradale, la cui efficacia nel ridurre l’inquinamento è stata peraltro dimostrata in recenti lavori condotti nel nostro Paese (Mori et al., 2015; 2016)
Altezza e stratificazione verticale: l’efficienza aumenta con il numero di strati e, di conseguenza, con l’altezza della barriera. La stratificazione verticale deve assicurare il massimo di compattezza, con un’adeguata massa fogliare su ogni livello. Per quanto riguarda la riduzione del rumore è di primaria importanza che la barriera superi la linea congiungente la sorgente sonora e il ricevitore. L’altezza della sorgente sonora deve rimanere costante nel mezzo protettivo, poiché ad ogni cambiamento di altezza è associata sempre un’oscillazione del livello di energia sonora.
Compattezza: la compattezza è data dalla superficie d’impatto complessiva per unità di volume. Questo risultato è raggiungibile con sesti di impianto densi relativamente alle specie usate e con cure colturali che favoriscano lo sviluppo della ramificazione secondaria, anche nelle parti inferiori del fusto. La barriera vegetale per quanto compatta, non dovrà mai essere del tutto impermeabile al vento.
Spessore: lo spessore, o profondità della barriera ottimale ai fini della riduzione dell’inquinamento acustico si dovrebbe aggirare sui 25 m, per un’attenuazione intorno ai 9-10 dB. Da tenere in considerazione è il fenomeno dello scattering che consiste nella capacità della vegetazione di deviare l’energia sonora attraverso l’assorbimento, la riflessione e la rifrazione dell’onda sonora, ma che può generare nelle immediate vicinanze della barriera un aumento dell’energia sonora. Questo fenomeno può essere risolto proprio grazie all’aumento dello spessore della barriera aumentando la tortuosità del percorso dell’onda sonora o ancora meglio con una maggiore compattezza che permette una maggiore esplicabilità delle potenzialità fonoassorbenti e fonoisolanti (Batistoni et al., 1995); però studi condotti in Inghilterra da altri autori hanno dimostrato che i migliori risultati di isolamento si riscontrano utilizzando piante di maggiori dimensioni e quindi con trochi di maggiore diametro e densità d’impianto minori (Kragh, 1981; Price et al.,1988; Fang e Ling, 2005). Lo spessore ha anche chiari effetti sull’abbattimento dell’inquinamento: maggiore è lo spessore, più efficace sarà la barriera.
La scelta e la disposizione della vegetazione lungo le principali arterie stradali è, in conclusione, da considerarsi prioritaria in una strategia di pianificazione delle infrastrutture. Compito dei tecnici, che dovrebbero essere coinvolti dalle prime fasi, è quello di fornire le indicazioni sulle strategie di mitigazione più opportune.
Testo rielaborato e integrato dalla tesi di G. Amabili, Università degli Studi di Firenze