L'isola conta oltre 3000 specie, con un tasso di endemismo che sfiora l’80%. Un fenomeno che si spiega in parte con l’isolamento di questa terra. Il recupero delle miniere con nuovi parchi e riserve
Considerata un vero paradiso per botanici e naturalisti, la Nuova Caledonia è come un’arca di Noè sperduta in mezzo all’Oceano Pacifico. Una grande isola, che non arriva a 20.000 km2 comprese tutte le dipendenze che la circondano, ma che presenta una biodiversità incredibile, tra le più ricche al mondo per chilometro quadrato.
Uno straordinario patrimonio vegetale costituisce quasi il simbolo identitario di questo paese che fa della biodiversità e della sua salvaguardia uno dei propri motivi di orgoglio.
L’inconfondibile silhouette dei Pini colonnari (Araucaria columnaris), che rendono unico e quasi irreale il paesaggio costiero; le altissime felci (Cyathea intermedia) che svettano nella lussureggiante foresta umida sempreverde; il “Coeur de Voh” famosa radura a forma di cuore formatasi tra la vegetazione alofila della grande laguna caledoniana; vere e proprie reliquie botaniche come l’Amborella trichopoda, un vero fossile vivente, considerata la pianta fiorita più antica della Terra… sono sempre le piante, nelle numerose e varie formazioni vegetali, le vere protagoniste della vita di questo bellissimo arcipelago tropicale.
Le specie vegetali finora classificate in Nuova Caledonia sono oltre 3000, con un tasso di endemismo che sfiora l’80%, un fenomeno che si spiega in parte con l’isolamento di questi lembi di terra, staccatisi dall’Australia e dall’antico Gondwana molti milioni di anni fa, in parte con le caratteristiche uniche delle sue foreste, in parte con la presenza di suoli poveri di elementi nutritivi ma ricchissimi in minerali rari.
In particolare la singolare combinazione di substrati, i terrains miniers che coprono circa un terzo del territorio concentrandosi soprattutto nel sud della Grande Terre, ha dato vita a uno dei più originali ecosistemi del pianeta: il maquis minier.
Questa espressione designa l’insieme delle formazioni vegetali, non appartenenti alla foresta, costituite in maggioranza da sempreverdi eliofile tra cui Mirtacee, Casuarinacee, Proteacee, Rhamnacee, Rubiacee, Oleacee, Cunoniacee, che si sviluppano su suoli derivati da rocce ultrabasiche e che solitamente provengono dalla distruzione delle foreste, a causa del passaggio ripetuto di incendi.Su un totale di 1140 specie vascolari identificate che costituiscono il maquis minier, circa il 90% sono endemiche.
La presenza massiccia nel suolo di metalli grezzi, come nickel, cromo e ferro, ha fatto sì che soltanto le piante capaci di resistere a questo ambiente ostile sopravvivessero e sviluppassero la straordinaria capacità di accumulare metalli (piante iperaccumulatrici, come Psychotria douarrei, Grevillea exul, Geissois pruinosa). L’unicità della flora del maquis minier deriva quindi da un adattamento a questi suoli molto particolari, poveri in elementi essenziali alla vita della vegetazione e ricchi di minerali potenzialmente tossici, che costituiscono una barriera ecologica nei confronti di altre specie incapaci di svilupparvisi. Questa vegetazione si adatta, inoltre, a condizioni climatiche molto variabili, dal livello del mare alle cime più alte, tollerando temperature molto elevate e siccità.
Si tratta di piante caratterizzate da una crescita lenta, che presentano una grande varietà di aspetto, di forme e di colori, ma proprio la loro capacità di prosperare su suoli ricchi di nickel minaccia l’esistenza stessa del maquis minier. Il nickel infatti è una importante fonte di ricchezza per il paese, che si colloca tra i primi produttori di questo metallo, ma lo sfruttamento delle miniere, che avviene a cielo aperto, necessita di massicce asportazioni di terreno superficiale (decapage), con conseguente distruzione della vegetazione e gravi problemi di erosione dei suoli e di inquinamento dei corsi d’acqua.
La Nuova Caledonia si trova oggi ad affrontare la sfida tra la necessità di sfruttare una risorsa mineraria capace di assicurare al paese sviluppo economico e benessere materiale, e quella di proteggere questo habitat eccezionale. La riqualificazione dei siti minerari dismessi è ormai una responsabilità inevitabile e l’industria del nickel sta mettendo in opera programmi di stabilizzazione dei suoli e di rivegetalizzazione per risanare i siti degradati. Tramite l’istituzione di parchi e riserve si incoraggia la conoscenza di questo peculiare patrimonio vegetale, inoltre lo studio delle straordinarie capacità di accumulo di metalli tossici delle piante che caratterizzano il maquis minier interessa particolarmente il mondo della ricerca, per le sue potenziali applicazioni nella decontaminazione dei suoli industriali inquinati, i cosiddetti brownfields.