In un convegno sono state affrontati i temi legati alle politiche forestali. L'analisi della biodiversità
Organizzato dal GESAAF dell’Università di Firenze (Gestione dei Sistemi Agrari, Ambientali e Forestali), con il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, l’INEA (Istituto Nazionale Economia Agraria) e la Comunità Europea, nei giorni 15 e 16 gennaio scorsi si è tenuto a Firenze il convegno nazionale sulle “Politiche Forestali e Sviluppo Rurale – Programmazione 2014-2020”.
L’incontro molto ricco e articolato ha rappresentato un momento di riflessione e di proposta per l’attuazione di una nuova politica nazionale, in una fase di profondo cambiamento che sancisce l’inadeguatezza delle passate politiche volte solo al sostegno delle produzioni primarie, volgendo lo sguardo anche alle molteplici valenze delle attività agricole e forestali, come quelle di tutela del territorio, nonché di coesione e tenuta sociale. Ma, oltre a questi valori ormai acquisiti (importanza economica, tutela idrogeologica, salute ambientale) dai lavori è emersa la definitiva accettazione del bosco e del paesaggio rurale come bene culturale: in particolare dalla relazione iniziale di Mauro Agnoletti, ma poi anche da molti altri, è stato sottolineato come i termini “paesaggio”, “bosco”, la stessa “biodiversità” siano entità in continua trasformazione nel tempo e come una ottusa e acritica conservazione dell’esistente, senza politiche attive possa rappresentare un pericolo letale quanto quello delle distruzioni apportate da speculazioni e catastrofi naturali, come incendi e frane. Di conservazione come gestione della trasformazione ci ha parlato infatti Marco Fioravanti, specialista di tutela delle opere lignee (dall’aratro, alle capriate fino ai crocifissi).
Contributo molto interessante è stato quello di Marco Paci analizzando il termine biodiversità che oggi vediamo come un valore assoluto, totem intangibile e non opinabile. Essa invece va visto e valutato nel tempo (per esempio un taglio raso produce un’impennata di biodiversità specifica, vegetale e animale, che si diluisce nel giro di pochi anni) e soprattutto nelle forme, in quanto ne esistono diversi tipi: genetica, di specie (e c’è da capire se queste sono banali o rare), di tipologie ecologiche, di paesaggi. Altro aspetto emerso è che la naturalità non va necessariamente a braccetto con biodiversità, tanto che territori abbandonati in fase di rinaturalizzazione sono spesso meno ricchi di forme biologiche dei precedenti. E, infine, come la biodiversità paesaggistica abbia sempre trovato nelle attività umane un fattore positivo di arricchimento e di stabilizzazione.
La consapevolezza di questi processi e del mantenimento della presenza umana nei territori rurali - in una parola: l’importanza del paesaggio - era emersa già nella politica comunitaria 2007-2013, ma nella prossima programmazione 2014-2020 risulta fondamentale, tanto da entrare in moltissime misure a cui la Regione sta lavorando in questi mesi per l’imminente Piano di Sviluppo Rurale, che interesserà con finanziamenti e sostegno sia soggetti privati (aziende e proprietari) che pubblici (enti territoriali e altri), chiamati a rispondere con progetti adeguati alla nuova sfida.