Con il sì dell’Aula di Strasburgo al Quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020 si è potuto dare il via libera il 20 novembre scorso, dopo tre anni di lavoro e un negoziato faticoso, anche complicato, alla principale voce di spesa dell’Ue: la politica agricola comune. L'ultimo passaggio formale del nuovo, lunghissimo, processo decisionale comunitario post trattato di Lisbona che richiede l'ok di governi e deputati a un'identica proposta della Commissione europea è stato superato.
"Tre anni di un negoziato faticoso e complicato hanno permesso all'Assemblea europea di approvare la nuova Politica agricola comune, dimostrando che è il Parlamento é all'altezza del ruolo di codecisore che il Trattato di Lisbona gli ha dato" ha detto Paolo De Castro, Presidente della Commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo. Un sì a larga maggioranza dell'Aula che dà di fatto il via alla riforma post 2014 che vede, pur in un quadro generale di tagli di bilancio. La Pac oggi vale circa 380 miliardi, ridotto rispetto alla precedente programmazione, di cui 278 per i pagamenti diretti e la gestione dei mercati (il taglio è del 13%), mentre la parte restante andrà al finanziamento dei programmi per lo sviluppo rurale (95 miliardi dunque, con un taglio del 18%); circa il 40% dell’intero bilancio Ue, lontanissimi gli anni Ottanta in cui pesava il 70. L’Italia più o meno si salva per la sua dotazione, anche per effetto compensativo tra i pilastri visto che in fase di negoziato è riuscita a strappare una “busta finanziaria” per lo sviluppo rurale che bilancia quanto perso nel primo pilastro: circa 33,4 miliardi di euro, 23 per gli aiuti diretti e il resto su sviluppo rurale.
Ora inizia il lavoro dei singoli Paesi: “Servirà un confronto stretto a livello istituzionale su come applicarla nel miglior modo su tutto il territorio”, dichiara ancora Paolo De Castro.
Aggiorniamo, dunque, seppur in parte, quanto riportato nell’articolo precedente Nuova Pac: ecco i punti dell’accordo politico tra Stati membri, apparso su AboutPlants.eu il 10 novembre scorso.
Il punto. La nuova Pac affronta la necessità di avere in futuro agricoltori preparati e giovani agricoltori. È una questione estremamente importante se si pensa che in Europa solo il 6% degli agricoltori ha meno di 35 anni. Approvato dunque uno schema di contributi che apre ai giovani, in quanto già dal 2014 una quota maggiore del bilancio agricolo verrà loro destinata. I produttori (fino a 40 anni) che si insediano per la prima volta in un’azienda agricola, otterranno, infatti, un contributo extra del 25%, per i primi 25/90 ettari di terra, per i primi 5 anni, dei pagamenti diritti Ue.
Gli altri aiuti andranno in via prioritaria «agli agricoltori professionali.Le nostre produzioni di eccellenza, inoltre, come la frutticoltura, la risicoltura e le superfici investite a medica sono escluse dal greening mentre per le superfici arabili sono stati definiti parametri che dovrebbero salvaguardare le tipologie aziendali italiane».
Una distribuzione più equa degli aiuti tra gli Stati, per evitare differenze troppo marcate. “Entro il 2020”, ha detto Luis Manuel Capoulas Santos, relatore della risoluzione sui pagamenti diretti e lo sviluppo rurale “gli agricoltori provenienti da diversi Stati membri dovrebbero ricevere almeno il 72% della media dei pagamenti diretti UE".
Per garantire che i pagamenti diretti siano destinati agli agricoltori in attività, i deputati hanno convinto il Consiglio a redigere un elenco di entità, come aeroporti o club sportivi, automaticamente escluse dal finanziamento dell'UE, a meno che l'agricoltura non contribuisca al reddito. L’Italia si troverà a breve giro (entro il 2014) a prendere decisioni in merito alla cosiddetta black list, i soggetti da escludere dai pagamenti diretti. Teoricamente si dovrebbe ripartire dalla proposta del documento comune firmato a suo tempo da tutte le organizzazioni: considerare agricoltore attivo le categorie di Iap (imprenditore agricolo professionale) e coltivatori diretti iscritti alla gestione speciale Inps. Criteri questi che farebbero passare i beneficiari : da oltre 1,2 milioni a circa 450mila, un po’ troppo restrittivo per alcune organizzazioni agricole. Ma questo sarà il lavoro che impegnerà sullo stesso tavolo queste e il Governo nel 2014.
In base alla nuova Politica agricola comune, il 30% dei bilanci degli Stati membri destinati ai pagamenti diretti possono essere spesi solo se le misure ecologiche, ora obbligatorie, come la diversificazione delle colture (non rotazione delle colture come nel testo originale che viene sostituito dal concetto di diversificazione, scatenando le reazioni dei Verdi in aula), il mantenimento di prati permanenti e la creazione di aree ecologicamente orientate, sono rispettate. Chi non lo farà andrà incontro a sanzioni, e perderà i nuovi sussidi "ambientali" (sanzioni a partire dal 2016), che saranno reintrodotti gradualmente nei primi quattro anni della nuova PAC (che rappresenteranno un periodo cuscinetto per l’introduzione).
Previste alcune agevolazioni che faciliteranno la formazione di organizzazioni degli agricoltori che organizzandosi in cooperative potranno meglio affrontare la volatilità dei mercati e rafforzare la loro posizione contrattuale.
Punto su cui il Parlamento ha dovuto cedere sono stati i tetti ai pagamenti. Inizialmente, si era chiesto l’inserimento di un tetto massimo di 300mila euro, e di ridurre sostanzialmente i pagamenti per chi riceve più di 150mila, inserendo una serie di meccanismi degressivi, ma l’Aula, vista l’inamobilità del Consiglio, ha ottenuto la riduzione del 5% su tutti i sussidi superiori ai 150mila euro l’anno. Dal punto di vista politico, i Verdi lo hanno letto come un perpetuarsi delle sperequazioni tra gli agricoltori, così come dichiarato in assemblea da José Bové, deputato francese “La PAC oggi approvata mantiene le disuguaglianze tra gli agricoltori rifiutando un tetto massimo per i sussidi”.
Il 2014 sarà un anno di transizione a tutti i livelli. Per gli Stati membri, in questo anno, si dovranno decidere dei passaggi fondamentali, e in particolare per l’Italia che dovrà decidere su quello che riguarda la quota degli aiuti accoppiati, per la quale si è anche battuta in sede di negoziato. Per l’agricoltore, un anno di passaggio, in cui il sostegno sarà attribuito sulla base del regime dei pagamenti diretti precedente e in cui prepararsi alle conseguenze sulla nuova assegnazione dei titoli nel 2015, verso quella che sarà la nuova Pac fino al 2020.