Fibra di cocco: un ritorno al futuro?

Una panoramica su una delle matrici più diffuse nei substrati per il vivaismo ornamentale
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La fibra di cocco è un materiale naturale, versatile e sostenibile che deriva dal guscio esterno del frutto della palma: la noce di cocco. Coltivata sui litorali e nelle aree interne di India, Sri Lanka, Thailandia, Bangladesh e altri Paesi tropicali o equatoriali viene ampiamente utilizzata in molti settori come agricoltura, giardinaggio, edilizia, industria del benessere e nel campo del vivaismo. Negli ultimi anni dieci anni l’impiego della fibra di cocco è cresciuto enormemente diventando in molti casi un sostituto della torba. Ma negli anni di pandemia, complice l’aumento dei costi, si è verificata un’importante contrazione della domanda. Una situazione in evoluzione dopo i recenti abbassamenti dei costi legati alle spedizioni e la ripresa delle esportazioni, che stanno riportando con forza l’attenzione sul prodotto. 

La produzione. Il prodotto che giunge a noi arriva dopo un importante processo di maturazione, che ha l’obiettivo di portare la fibra al giusto grado di umidità. Il prodotto raccolto viene immerso in acqua per essere ammorbidito, successivamente viene frantumato, senza però essere sbriciolato. Le fibre più corte, insieme alla polvere e al tessuto vengono asciugate, fino a raggiungere complessivamente un livello di umidità pari al 25% del totale. Il prodotto viene quindi confezionato in sacchi o pressato in mattonelle che verranno reidratate in acqua prima dell’utilizzo finale. Il processo della pressatura è di vitale importanza per la qualità complessiva della fibra di cocco. L’importante, infatti, è che non venga pressata eccessivamente per non compromettere le qualità del prodotto. La fibra di cocco può avere caratteristiche diverse a seconda delle zone di produzione. In genere presenta un ph neutro – intorno a 7 – con un contenuto salino (potassio, cloro e sodio) dovuto alla presenza delle palme da cocco in prossimità del mare. Il lavaggio del prodotto in acqua dolce in fase di preparazione è fondamentale per la qualità finale del prodotto, visto che è in grado di eliminare o ridurre notevolmente il problema della salinità.

Le caratteristiche. Il prodotto si compone di tre parti distinte: la fibra (più filamentosa), il midollo (cioè la parte spugnosa del mallo) e chips (parte residuale di lunghezza pari ad un centimetro, derivante dalla lavorazione del tessuto spugnoso). Questi tre formati vengono lavorati e assemblati. Si possono infatti ottenere diverse tipologie per volume e dimensioni di lastre o mattonelle di cocco. Il cocco ha inoltre il vantaggio di non avere problemi di smaltimento e alla fine del ciclo colturale si può recuperare come ammendante, visto che è in grado di apportare sostanze organiche. 

Il materiale è resistente e durevole nel tempo. Grazie alla sua struttura fibrosa, può sopportare l’usura e la decomposizione per un lungo periodo. La fibra di cocco ha una straordinaria capacità di ritenzione idrica: può infatti trattenere fino a nove volte il suo peso in acqua, rendendola ideale per l’utilizzo come componente nei terricci. Nonostante la sua capacità di trattenere l’acqua, la fibra di cocco mostra anche buone caratteristiche di drenaggio. Grazie alla sua struttura porosa, permette all’acqua in eccesso di defluire, evitando il ristagno e prevenendo rischi di marciumi. Il pH si attesta attorno alla neutralità, rendendo il substrato adatto per molte tipologie di piante. 

Alternativa alla torba. L’utilizzo della fibra di cocco nei vivai offre sicuramente importanti vantaggi: è un matrice rinnovabile, possiede un ottimo drenaggio e una buona capacità di ritenzione idrica. La tendenza nel settore dei substrati per la coltura in vaso di testare una vasta gamma di materiali, ha visto la fibra di cocco diventare la più importante alternativa alla torba, sia a livello economico, sia a livello qualitativo. A patto che il prodotto scelto abbia una corretta maturazione e bassi livelli di salinità. La ripresa recente delle esportazioni a livello mondiale sembra confermare questa tesi.

 

Marco Fani - Pierucci Agricoltura