L'impatto emotivo degli alberi che cadono

La percezione del rischio cambia a seconda delle informazioni fornite ai cittadini. I diversi tipi di approccio per comunicare al meglio.
Negli ultimi giorni, a seguito degli estremi climatici che hanno colpito il centro-sud del nostro Paese, sono decedute 5 persone in conseguenza della caduta di alberi. In questi casi si usano termini spesso eclatanti, che mirano a colpire il lettore o l’ascoltatore, tipo “albero killer”, oppure “2 persone uccise da un albero” (come si fosse una volontà omicida negli alberi). Questo, unito a foto che mostrano l’incidente, determina un impatto emotivo molto forte provocando quella che ho più volte definito come “reazione emozionale” o reattività (abbattimenti e capitozzi selvaggi) che contrappongo alla “logica razionale” o proattività.
 
Gli studi di psicologia dimostrano che l’uso di un termine a impatto emotivo più alto, rispetto a un altro, che descrive lo stesso avvenimento, suscita nell’interlocutore uno stato d’animo diverso. Una ricerca ha confrontato alcuni studenti ai quali veniva fatto vedere il filmato di un incidente stradale. Il gruppo a cui veniva chiesto: a che velocità andava l’automobile prima di sbattere contro l’altra, forniva, come risposta, una velocità più elevata rispetto al gruppo a cui si chiedeva: a che velocità andava l’automobile prima di urtare contro l’altra.
 
Altra cosa molto importante che è emersa dagli studi di psicologia della comunicazione è l’imperativo: bisogna parlare sempre in positivo. Infatti l’emisfero destro, che è quello a cui si rivolge la comunicazione a livello inconscio, non conosce la negazione. La negazione è un’elaborazione successiva dell’emisfero sinistro. Se io vi dico: “Non pensate a un cane”, la prima immagine che vi verrà in mente sarà proprio un cane (https://it.zenit.org/articles/l-impatto-emotivo-delle-parole/).
Se qualcuno vi dice: “Non dico che lei abbia fatto una pessima programmazione, ma vorrei solo invitarla ad essere più preciso sui punti A e B”, in realtà vi sta dicendo esattamente quello: Lei ha fatto una pessima programmazione. Oppure se qualcuno vi dice: “Non creda che io  sia qui per vendere il prodotto”, state pur certi che è lì proprio per vendervi il prodotto.
 
Per questo la frase in negativo può essere volutamente usata per affermare il contrario. Nel settore della valutazione della stabilità degli alberi potremmo dire: “Non dico che l’approccio e le tecniche che io uso nell’analisi della stabilità siano la migliori in assoluto, perché ci sono anche altri professionisti che ne hanno di ottimi”. In realtà state trasmettendo il messaggio: La mia tecnica è la migliore in assoluto. Notate come la presentazione in negativo può avere maggiore efficacia oppure può indurre a diverse interpretazioni e, di conseguenza, a diverse reazioni.
 
Questi concetti valgono, dunque, anche nel settore dell’arboricoltura: proviamo ancora a contrapporre le due seguenti frasi. “Non possiamo affermare che la gestione corretta degli alberi e il loro periodico controllo elimini completamente il rischio legato alla loro presenza” e “Una corretta gestione degli alberi e il loro periodico controllo possono ridurre il rischio legato alla loro presenza”. È abbastanza evidente che nel primo caso io implicitamente dico che, per quanto possa fare, non riuscirò mai a eliminare il rischio (percezione di una minore sicurezza), nel secondo caso, invece, la percezione del mio interlocutore è che una buona gestione può aumentare la sicurezza della fruizione di un’area alberata (percezione di una maggiore sicurezza).
Occorre quindi molta attenzione nel comunicare le notizie e, da parte nostra, nella comunicazione (che è un mio noto pallino) delle nostre competenze.
 
A mio parere anche nel settore dell’arboricoltura dovrebbe essere applicato il concetto di “paranoia costruttiva”, proposto dal famoso scienziato e scrittore Jared Diamond. È noto che la presenza degli alberi comporta un rischio e ciò implica, di conseguenza, che vengano messe in atto tutte le azioni per ridurlo e prevenirlo. Questo senza che l’eccessiva attenzione nell’evitare questi rischi diventi paranoia.
Quando siamo in casa, percepiamo naturalmente di essere “sicuri” o “al sicuro”. Ebbene, secondo i dati forniti dal Dipartimento di Medicina del Lavoro dell'ISPESL (Istituto per la prevenzione e sicurezza del lavoro) ogni anno circa 4,5 milioni di incidenti avvengono tra le pareti di casa di cui 8.000 mortali (clicca per saperne di più). Sempre secondo le ricerche ISPESL, emerge che ogni anno circa il 5% della popolazione è vittima di un infortunio domestico, percentuale che raggiunge il 7% per le donne, mentre scende al 3% per gli uomini. Confrontando il numero di morti per incidenti domestici con i quasi 2.500 morti per incidenti automobilistici (fonte: Polizia Stradale e Arma dei Carabinieri, 2010), emerge che si muore più in casa che per la strada.
 
Il concetto che vorrei sottolineare è: la presenza di alberi comporta un rischio. Ma quanti alberi, di quale specie, in quale specifica situazione, a seguito di quale evento, cadono in media ogni anno? È sulla base delle risposte a queste domande che poi dovrà essere elaborato un piano di gestione che sia basato non solo sulle tecniche più avanzate e gestito da persone qualificate, ma anche sul “buon senso” e su un approccio pratico.
È fondamentale comprendere come si genera la percezione del rischio da parte del cittadino e dell’Amministrazione pubblica. Questo argomento è divenuto sempre più importante per tecnici e decisori politici ed è il giudizio soggettivo che le persone hanno in relazione alle caratteristiche e la gravità di un rischio provocato dagli alberi in città. Non torno sulla differenza fra pericolo e rischio e rimando ad alcuni post/riflessioni da me recentemente scritti. Vorrei solo dire che diverse teorie sono state proposte per spiegare perché persone diverse hanno diverse percezione del rischio.
 
Sono state sviluppate tre teorie principali: l’approccio psicologico o psicometrico (euristico, cioè legato a un procedimento non rigoroso che consente di prevedere un risultato, che dovrà poi essere convalidato, e cognitivo), l’approccio antropologico/sociologico (teoria culturale) e l’approccio interdisciplinare (amplificazione sociale del quadro di rischio). Per saperne di più, consiglio di leggere “La percezione del rischio Metodologia e casi di studi”, Quaderni di Moniter, Collana di documentazione a cura di Regione Emilia-Romagna, Servizio Comunicazione, Educazione alla sostenibilità, 2011).
 
La valutazione del rischio legato alla presenza degli alberi e la sua mitigazione è un processo che è fortemente influenzato dall’esperienza professionale, dalla percezione del rischio stesso e dalla sua gestione, quindi da tutte e tre le teorie. Mentre i professionisti documentano tutti i fattori di rischio che vedono nel tentativo di fornire ai propri clienti una valutazione completa di un albero e del suo contorno, il proprietario del bene o il gestore chiedono che vengano adottate misure di mitigazione del rischio stesso.
Le conoscenze scientifiche sono fondamentali poiché qualificano il grado di certezza, o sarebbe meglio dire di incertezza sulla situazione in corso e sulle prospettive. In conclusione la gestione del rischio, se ben organizzata e condotta, permette all’Amministrazione di:
● Aumentare la probabilità di raggiungere i suoi obiettivi;
● Identificare e controllare il rischio;
● Rispettare i requisiti legali e normativi pertinenti;
● Migliorare le aspettative degli stakeholder e la loro fiducia;
 
Il problema è quindi complesso e va gestito non solo a livello tecnico, ma anche a quello socio-psicologico. I social network possono avere un ruolo fondamentale in un senso o nell’altro. Come delle piazze virtuali essi espandono la nostra possibilità di comunicare, anche in ambito politico e sociale, trasformandoci in agenti attivi di campagne a favore di quello in cui crediamo. Allo stesso tempo essi possono essere utilizzati per manipolare e distorcere i messaggi a beneficio dei propri interessi/teorie. Sta a noi fare comunicazione in modo corretto. La carenza di un’efficace comunicazione è una delle cause di contrapposizioni che si verificano quando si parla di alberi. Importante colmare la lontananza tra chi fa ricerca e l'opinione pubblica.

Francesco Ferrini, presidente della Scuola di Agraria dell'università di Firenze