Uomo e giardino, rapporto che muta nel tempo

Le relazioni tra pianta ed essere umano vanno oltre il contatto estetico e visivo, spiegando il cambiamento delle epoche

Creare e coltivare un giardino o un orto è sicuramente un bisogno fondamentale dell’uomo, un bisogno atavico, che s’impone a ogni civiltà malgrado ostacoli quali guerre, carestie, decadenza culturale e disinteresse sociale.

Ambiente a misura d'uomo. Da un breve escursus storico si evince che ogni epoca ha avuto il proprio giardino nato da un desiderio che ha condizionato il pensiero e l’agire umano. Con il passare dei secoli hanno visto la luce del sole svariati tipi di giardini, intesi come simbolo della creazione, luogo di felicità perduta, come sfida costante alla natura, luogo consacrato alla vita, che deve essere protetto, seguito, assecondato, guidato, amato; giardini come spazio in cui un’idea diventa realtà e la realtà è trasformata in un’idea; spazio in cui sentimento e pensiero trovano la loro espressione; fino ad arrivare all'attuale 'verde attrezzato', palestre all’aperto prive di poesia, come luoghi dove ritrovare un contatto, pur artificiale, con la natura. Il giardino, infatti, è tutto fuorché un luogo naturale, è l'ordine a cui l’uomo da sempre tende, è il sentimento che a volte è stato coperto da troppa ragione, è la volontà ferrea, è come dice Borchardt “lo spazio in cui l’uomo traduce in struttura il suo rapporto con la natura” (Borchardt, 1938, p.39). 

Simbolo dello scorrere del tempo. Di epoca in epoca, di civiltà in civiltà il giardino ha avuto le proprie rappresentazioni, da semplice aiuola di insalata, a parterre, a roccaglia, a balcone fiorito. In tempi felici è un luogo ricco di fiori, colori e profumi, in tempi duri diverrà un orto o forse rimarrà incolto formando un ammasso di sassi e spini. In ogni tempo il giardino sarà, comunque, un'istantanea dell’animo umano. Secondo Cerami (1996) la struttura e la configurazione di un giardino sono, in definitiva, il risultato di quelle tensioni ideali (mistico-ideologiche) e di quelle motivazioni (economico-funzionali) che hanno costruito i valori e la guida nella storia di una comunità, di un popolo, di una civiltà. Curare un giardino, pur piccolo come una cassetta di fiori sul davanzale, è un bisogno talmente forte da poter essere paragonato al bisogno di mangiare, di amare. Una pulsione così forte da attraversare gli oceani del tempo che è servita forse a soddisfare le esigenze psicofisiche dei vari popoli che hanno abitato la terra, oppure è servita a materializzare quello che da sempre all’uomo è stato negato in vita: l’idea paradisiaca dell’aldilà di tutte le religioni? Il giardino può all ora essere inteso come oggettivazione di un sogno o come piacere sottile nel condizionare e possedere la natura? Quel che è sicuro è che il giardino viene progettato "ed è continuamente curato affinché conservi un'artificialità che imita la natura" (Hillman, 1996, p. 104).

Bellezza, ma non solo. I rapporti che intercorrono fra uomo e piante vanno, dunque, ben al di là del contatto visivo-estetico, ma influenzano tutta la sfera della psiche umana, provocando reazioni, spesso inconsapevoli, che meriterebbero di essere studiate in modo più approfondito. Possiamo dire che la bellezza di una pianta non sta solamente nell’armonica distribuzione delle forme e dei colori, ma anche nell'interagire con l’animo umano. Bello è ascoltare il rumore del vento che passa tra gli alberi e fa stormire le foglie, le sensazioni che proviamo toccando le varie superfici di tronchi, fiori e foglie, "bello" è l'odore inebriante dei fiori che passando per il naso stimola anche gli altri sensi, è l'infinita gamma di colori che solo la natura può creare, e che allo stesso tempo ci strabilia e ci incanta. Emerge, quindi, l’importanza di diffondere maggiormente la conoscenza sulle potenzialità terapeutiche della visione delle piante e delle attività connesse alla loro coltivazione. Non meno fondamentale è la promozione e lo sviluppo di ricerche interdisciplinari, accompagnati da una divulgazione dei risultati raggiunti, siano essi diretti, con un miglioramento delle condizioni psicofisiche dei soggetti coinvolti, o indiretti, quantificabili in una diminuzione della spesa sanitaria.

Nella foto: giardini del castello di Villandry. Esempio di come l'uomo si costruisca una natura per i propri bisogni