Le pareti verdi e gli orizzonti futuri

Ricoprire gli edifici con la vegetazione sta diventando una pratica sempre più comune. Occorrono, però, nuovi studi per abbassare costi e manutenzione
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È in atto una rivalutazione culturale del verde e del ruolo della vegetazione nel tessuto urbano.  Spesso, però, limitandosi agli aspetti più esteriori e banali, come nella recente legge 410/2013 (Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani) che semplicemente impone ai comuni compiti che in questo momento non sono in grado di svolgere, manifestandosi come la classica occasione perduta.

Ottimi esempi. Ben più efficaci sono, invece, norme che da una decina di anni varie città stanno mettendo a punto sui più generali meccanismi di trasformazione del suolo e del territorio, nei quali la vegetazione è uno dei fattori fondamentali: Berlino (fin dal 1980), Malmoe (2001), Bolzano (2004), Modena (2005) e diverse altre città hanno individuato i parametri su cui agire per contenere l’impatto ambientale riferito a permeabilità dei suoli, consumo di energia, microclima, abbattimento inquinanti. Sui Tetti Verdi, cioè le forme di copertura più o meno vegetale, esistono oggi molteplici esperienze e verifiche oggettive di sostenibilità, derivanti dalle capacità e prestazioni ambientali, tanto da farli rendere obbligatori in alcune normative urbanistiche. Il Verde Verticale, invece, pur presente in forme semplificate in molte civiltà insediative anche antiche, è di più recente sviluppo e per ora legato più ad aspetti di immagine che a rigorose valutazioni ecologiche ed energetiche. Gran parte delle realizzazioni più note, come i celebri Murs Vegetals di Patrick Blanc (che li ha brevettati negli anni ’80), sono legate ad apparati complessi con alte necessità di controllo e gestione nel tempo, oltre che di apporti energetici.

 

Pareti verdi, sviluppo necessario. La continua ricerca e il successo commerciale delle pareti verdi ha contribuito a trovare nuovi materiali e modalità di assemblaggio (pannelli di sostegno, membrane e substrati vari, impianti di ferti-irrigazione), contenendone sempre più i costi, ma sempre rimanendo legati alla tipologia iniziale di Blanc, per cui il costo di realizzazione finale non si discosta molto dai 600 agli 800 €/mq. Ovviamente esistono tipologie anche molto semplici e semplificate, a partire dalla tradizionale copertura di pareti con un rampicante (dalla classica vite del Canada alle più esigenti edere e ficus), che possono aderire direttamente alla facciata oppure essere ospitate e sostenute da una struttura normalmente metallica tenuta ad una certa distanza per motivi di aerazione e coibentazione, i cui costi rimangono comunque molto inferiori rispetto al Mur Vegetal.

Standard e sostenibilità. Visto il crescente diffondersi di queste realizzazioni, anche l’UNI, l’ente nazionale per la definizione degli standard nei vari settori produttivi, ha prodotto norme specifiche che riguardano le coperture a verde (UNI 11235/2007), e il mondo produttivo sta oggi mettendo a punto delle tipologie industriali di “chiusure verticali” che riducano le caratteristiche artigianali del Mur Vegetal, e i suoi relativi alti costi, ma queste soluzioni per ora non si discostano dalla impostazione di fondo né dai suoi alti fabbisogni energetici. In un complessivo bilancio di sostenibilità infatti, che valuti tutte le risorse necessarie alla realizzazione e manutenzione (idriche, monetarie, di embodied energy, gestionali), confrontandole con i suoi contributi attivi e passivi di efficienza ed efficacia ambientale (assorbimento CO2 e inquinanti, coibentazione, ombreggiamento, inerzia termica) il verde verticale mostra per ora risultati non positivi. Studi scientifici recenti ci indicano che la ricerca deve indirizzarsi verso la massima semplicità costruttiva e sui substrati di coltivazione che con il loro contenuto di aria e di acqua sono i maggiori responsabili della efficienza e della inerzia termica dei muri vegetali. 

Cemento biologico. E in questa direzione va sicuramente una recentissima scoperta brevettata dal Politecnico della Catalogna (Barcelona Tech), un nuovo tipo di cemento biologico, a basso pH e alta ruvidità, caratteristiche che permettono una rapida colonizzazione (circa un anno) da parte di una microvegetazione di alghe, muschi, licheni, abbattendo gran parte delle necessità energetiche e impiantistiche delle attuali pareti verdi, pur con prestazioni attive e passive leggermente inferiori.