Qualità delle radici e scelta dei vasi: risultati di una sperimentazione

In Lombardia uno studio ha dimostrato che la tipologia di contenitore influenza drasticamente le caratteristiche dell’apparato radicale delle piante arboree, anche dopo il trapianto
Nel progetto METAVERDE (Metodologie produttive e gestionali per migliorare la qualità del verde ornamentale), sono stati affrontati alcuni aspetti, fra i tanti presi in considerazione, utili a ridurre lo stress da trapianto in ambiente urbano. Uno di questi riguarda l’impatto delle diverse tipologie di vaso in cui vengono coltivate le piante, sullo sviluppo dell’apparato radicale nel post-trapianto.  
I risultati ottenuti portano a una conclusione chiara: la scelta del contenitore influenza drasticamente la qualità dell’apparato radicale delle piante arboree, compromettendone il suo sviluppo anche dopo la messa a dimora.

Metodi. La sperimentazione ha preso in esame piante di Ulmus minor e Tilia cordata dell’età di tre anni, allevate sin dalle prime fasi in tre differenti tipologie di contenitore (Air-Pot, Quadro Antispiralizzante, tradizionale a pareti lisce), poste a dimora in piena terra nella tenuta superiore della Fondazione Minoprio. È stato adottato uno schema a blocchi randomizzati con quattro repliche a parcella elementare di otto piante e distanze di impianto di 3,5 m tra le file e di 1 m sulla fila.
Nell’area di prova si è fatto ricorso, per la pulizia delle infestanti, ad interventi di diserbo sulla fila con un principio attivo ad azione disseccante; nell’interfila si è invece proceduto ad un inerbimento naturale, effettuando interventi periodici di trinciatura per contenere l’altezza dell’erba.

Stress di compressione e di trazione. Nel mese di aprile 2014 sono state eseguite le prove di trazione su piante di olmo. Per questo rilievo sono stati posizionati due inclinometri orizzontalmente vicino al colletto, uno sul lato sottoposto a stress di compressione ed uno sul lato con stress di trazione. Per determinare la forza di trazione è stata posta, vicino al centro di gravità dell’albero, una fascia collegata con un dinamometro posizionato sulla linea di tiro. Lo strumento è stato collegato, tramite cavo di acciaio, ad un Tirfor (argano manuale). Al lato opposto rispetto alla direzione di tiro, il Tirfor è stato collegato al gancio di un trattore che fungeva da punto di ancoraggio. Gli inclinometri e il dinamometro erano collegati a un PC con software di acquisizione dati. Dopo aver sistemato i cablaggi descritti, si è iniziato ad applicare all’albero, tramite l’argano, una forza progressiva, registrando istantaneamente gli stress della pianta. È stata misurata la trazione a due livelli di inclinazione (0,2 e 0,8 gradi), con lo scopo di simulare la forza del vento nei confronti dell’albero.
Dal primo set di misurazioni è emerso che le piante precedentemente allevate in contenitori Air-Pot hanno richiesto una forza maggiore per raggiungere valori di inclinazione, sia in trazione che in compressione, pari a 0,2°. Al contrario, i valori più bassi sono stati registrati sulle piante di olmo allevate in vivaio nei contenitori tradizionali a pareti lisce. Occorre tener presente che la forza necessaria per ottenere una inclinazione dell’albero di 0,2° è predittiva del momento necessario per indurne il ribaltamento, pur rimanendo nel campo elastico e non provocando quindi danni alla pianta. Con forze superiori si può superare il limite elastico dell’albero e provocare deformazioni permanenti alla sua struttura. Anche con l’applicazione di forze maggiori per raggiungere una inclinazione di 0,8° si confermano le differenze registrate ad inclinazione di 0,2°: le piante in precedenza allevate nei vasi tradizionali hanno richiesto sforzi inferiori per inclinarsi rispetto a quelle allevate in contenitori antispiralizzanti, risultando meno stabili quando sottoposte all’azione del vento.

Qualità delle radici. Nei mesi di maggio e giugno 2014 è stata determinata la biomassa aerea e radicale su piante di tiglio e olmo (2 piante per tesi, replicate quattro volte). Le piante sono state estirpate con un escavatore; la parte radicale è stata poi ridotta tagliando le radici ad una distanza di 40 cm dal colletto in tiglio e a 50 cm dal colletto in olmo. In tal modo si è simulato un intervento di zollatura, pratica adottata di routine nei vivai di coltivazione di alberi ornamentali. Gli apparati radicali sono stati divisi in due, distinguendo la parte spiralata da quella che non ha subito deformazioni durante lo sviluppo. A distanza di quattro stagioni vegetative dalla messa a dimora delle piante non sono state osservate, in entrambe le specie, differenze di biomassa aerea e radicale tra le piante allevate in vivaio nelle tre tipologie di contenitore confrontate. Nel tiglio una significativa riduzione della percentuale di radici deformate è stata osservata nelle piante precedentemente allevate in contenitori antispiralizzanti. Tra questi, la coltivazione in Air-Pot è risultata la più efficace nel ridurre le deformazioni radicali. Per la relativa eterogeneità delle piante campionate dopo quattro anni dalla messa a dimora la riduzione della spiralizzazione radicale in olmo nei contenitori Air-Pot non è risultata significativa.

Risultati. Il dato principale che emerge da questa sperimentazione è che la scelta del contenitore influenza drasticamente la qualità dell’apparato radicale delle piante arboree, e un apparato radicale malformato nelle prime fasi di crescita continua ad esserlo nelle fasi successive, a meno che si intervenga con drastiche potature. Occorre tener presente che spesso i difetti (strozzature, debolezze strutturali) si manifestano a distanza di molti anni dall’impianto, con possibili conseguenze sulla stabilità e la vitalità dell’albero.
Tra i contenitori saggiati i migliori risultati in termini di riduzione della spiralizzazione radicale sono stati ottenuti con i vasi Air-Pot. Per ottenere eccellenti risultati in termini di crescita occorre tener presente che la coltivazione in un contenitore con numerosi punti di contatto tra aria e substrato richiede una differente gestione dell’irrigazione e la scelta di un substrato con idonee caratteristiche fisiche.
 
Sperimentazione finanziata al 58,4% dalla D.G. Agricoltura della Regione Lombardia nell’ambito del Piano per la ricerca e lo sviluppo in campo agricolo 2010 e cofinanziata da Fondazione Minoprio, Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali, del Suolo e dell’Ambiente Agroforestale dell’Università di Firenze, Agroinnova – Università di Torino e Consorzio Florovivaisti Lombardi.