Arbusteti submontani, pionieri preparatori del bosco

Il ritorno alla vegetazione legnosa nei prati abbandonati non è indolore e nemmeno rapido. Il fondamentale ruolo degli arbusti montani
2429
Dove siano stati attuati in passato disboscamenti sulle pendici dei monti la regola è che, perdurando il presidio umano, la cotica erbosa rimanga preservata. Col tempo può verificarsi un abbandono, di regola a partire dalle aree più lontane dalle abitazioni, più acclivi, prive o povere di tracciati viari, a roccia madre affiorante.
Con l’abbandono, nell’eventualità che la lotta contro il ritorno della vegetazione legnosa sia stata condotta con il fuoco controllato - lo abbiamo visto - si verifica l’espansione di specie infestanti, soprattutto rovi, vitalbe, felci aquiline (l’argomento sarà approfondito in seguito).
 
Se il fuoco non è stato impiegato e nelle adiacenze non vi è traccia di infestanti, il ritorno della vegetazione legnosa è lento ma non traumatico: compaiono suffrutici, come la calluna (Calluna vulgaris), l’erica carnicina (Erica carnea), il cìtiso irsuto (Chamaecytisus hirsutus), la ginestra pelosa (Genista pilosa), la spinosa (Genista germanica), la tintoria (Genista tinctoria) ed altre specie ancora;
trattandosi di suoli non particolarmente severi per la vita vegetale (soprattutto sotto il profilo edafico), anche giovani esemplari di arbusti possono allignare e svilupparsi, destinati, col tempo, a prendere il sopravvento; alludiamo alla ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius, su suoli calciocarenti), al cìtiso a foglie sessili (Cytisus sessilifolius) al biancospino (Crataegus monogyna), al corniolo sanguinello (Cornus sanguinea), al terebinto (Pistacia terebinthus), al pruno spinoso (Prunus spinosa), agli evònimi (Euonymus europaeus, Euonymus latifolius), al baccarello (Sorbus torminalis), a varie rose di macchia come la canina (Rosa canina), complesso polimorfo di forme assai variabili, in certi casi addirittura da rametto a rametto del singolo individuo.
 
Col tempo in mezzo agli arbusti compariranno giovani esemplari di specie arboree: acero campestre (Acer campestre), sorbo montano (Sorbus aria), carpino nero (Ostrya carpinifolia), orniello (Fraxinus ornus).... In modo indolore e in tempi lunghi si passa, infine, al bosco che occupava in precedenza i pendii (quello di rovere, Quercus petraea).
Inevitabilmente un discorso schematico: non possiamo disperderci ad analizzare la multiformità di aspetti che si presentano su un territorio vario, esteso in latitudine e antropizzato quale quello italiano. In ogni caso “si copia” (con altri primattori) quel che avviene a quote minori, con suffrutici e arbusti della macchia mediterranea. Anche in àmbito submontano si definiscono “ricostruttori” o “preparatori del bosco” gli arbusti citati in precedenza ed i comprimari la cui citazione è stata omessa.
Pure a questo livello il fattore limitante è costituito dalla carenza di luce: gli esemplari destinati a raggiungere maggiori dimensioni intercetteranno, col tempo, i raggi solari e determineranno la scomparsa di chi era frugale, piccolo, arrivato prima. Un aspetto poco conosciuto della lotta per l’esistenza che permea di sé anche il silenzioso e composto mondo vegetale