Roverella, albero prezioso

Pianta rustica, capace di crescere in ambienti severi e in possesso di un'alta resistenza agli incendi
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Poche specie sono più sottovalutate della roverella da pianificatori territoriali desiderosi di ottenere tutto e subito. Ben diverso dovrebbe essere l’apprezzamento che questo albero merita.

La roverella (Quercus pubescens) è presente nell’Europa meridionale e, nel nostro Paese, in tutte le regioni, dal livello del mare fino a circa 1300 metri di quota. Esemplari pluricentenari raggiungono 25 metri di altezza, 4 metri di circonferenza del tronco a petto d’uomo e una circonferenza della chioma di oltre 50 metri. Il tronco si ramifica precocemente e la chioma, negli esemplari annosi, appare irregolarmente globosa; il fogliame disseccato, color ruggine, si mantiene per quasi tutta la cattiva stagione; le foglie cadono quando ormai sono presenti quelle della primavera successiva (a meno di colpi di vento invernali particolarmente violenti). In effetti la roverella si colloca in una posizione intermedia tra le sempreverdi mediterranee e le latifoglie a riposo invernale: le sue foglie sono caduche ed hanno una lamina che, per le dimensioni, appare tipica di una latifoglia ma, per la consistenza coriacea, è prossima a quella delle sclerofille.

Pregi della specie sono la frugalità e la grande ampiezza ecologica, il possesso di un apparato radicale espanso e robustissimo, la rusticità delle plantule, idonee a crescere,  pur con lentezza, in ambienti severi come condizioni sia climatiche sia edafiche (cioè su suoli poco evoluti); il fogliame disseccato, presente sui rami in inverno, può contribuire inoltre, entro certi limiti, a graduare l’impatto delle acque piovane sul terreno (meno bene di quello dei lecci, però). Un ultimo pregio, tutt’altro che trascurabile, consiste nella scarsissima infiammabilità del legno: dopo un incendio, nella buona stagione successiva si constata che gli unici indizi del passaggio del fuoco sono dati da un annerimento della corteccia alla base del tronco e dalla presenza di fogliame disseccato nella porzione inferiore della chioma (destinato ben presto a scomparire).

Gli aspetti negativi sono la lenta crescita (ma “il tempo non rispetta ciò che si è fatto senza rispettarlo”) e la scarsa capacità pollonifera, per cui la roverella ha subìto un drastico ridimensionamento della sua diffusione a causa dei tagli periodici del bosco, assai più frequenti in passato che al giorno d’oggi. La riduzione del prelievo di legname e il ripetersi di incendi a bassa quota stanno determinando in tutte le regioni italiane una nuova espansione della specie dove il climax sia costituito dalla lecceta.

Alcuni fitosociologi attribuiscono valore di climax al bosco di roverella (Quercetum pubescentis); alla lunga, però, in assenza di pressione antropica, la superficie occupata dovrebbe ridursi, in basso per il ritorno della lecceta, in quota per il riespandersi del bosco di rovere. Che, al momento, la roverella si stia nuovamente diffondendo a bassa quota, è comunque un dato di fatto positivo, viste la piaga degli incendi boschivi e le precipitazioni anomale che hanno imperversato di recente e che purtroppo ci colpiranno anche in futuro.