Le rustiche pinete di pino silvestre

Sui versanti aridi delle vallate alpine il Pinus sylvestris mostra una notevole competitività. Questa specie è stata è stato ampiamente diffusa con i rimboschimenti
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Il pino silvestre (Pinus sylvestris) ha una distribuzione euroasiatica ed è diffuso, in Italia, nelle vallate alpine a clima continentale, su versanti esposti per lo più a solatìo, aridi, a notevole escursione termica; compare, sporadicamente, sull’Appennino settentrionale. Sui versanti aridi delle vallate alpine mostra una notevole competitività grazie anche al fatto che gli sono sufficienti pochi litri di acqua al giorno per le proprie necessità metaboliche e quindi il gelare del prezioso liquido nel terreno durante i mesi invernali non causa problemi.
 
Il fusto del pino silvestre può raggiungere 50 metri di altezza e, con l’età, divenire molto robusto e assai scenografico; la corteccia è suddivisa in placche giallastro-rossicce; la chioma, inizialmente conica, tende poi a raccogliersi nella porzione più elevata del tronco mentre i rami bassi, col tempo, si riducono a semplici monconi. Gli aghi sono rigidi, corti (al massimo 4-5 cm), appena ritorti; le pigne sono piccole (2-3 x 4-5 cm), sessili.
 
Dotato di grande plasticità ecologica, capace di adattarsi a molti tipi di substrato anche a roccia madre superficiale, il pino silvestre è stato ampiamente diffuso, nel nostro Paese, con i rimboschimenti; le plantule presentano doti di frugalità, eliofilìa e xerofilìa davvero accentuate e queste prerogative hanno favorito la diffusione della specie anche oltre il perimetro dei rimboschimenti, soprattutto in tanti prati appenninici montani. Dove il climax sia rappresentato da boschi di rovere o di faggio, col tempo il ritorno delle latifoglie a riposo invernale prevale sulla pineta e, nella penombra al suolo, per le plantule di pino silvestre non vi è scampo. In passato le prescrizioni di massima e di polizia forestale prevedevano, di regola, il taglio delle latifoglie e il rilascio delle conifere presenti: ne derivava un rinvio a tempi lunghi dell’affermarsi di una serie dinamica normale.
La xerofilìa della specie è legata anche al possesso di abbondante resina, facilmente infiammabile, donde un notevole interesse degli incendiari dolosi per i rimboschimenti appenninici: fatte salve queste situazioni, che esigono un assiduo presidio ecologico sul territorio nei periodi di maggiore aridità, in assenza di incendi si può lasciare il manto arboreo alla sua (lenta) evoluzione spontanea.