Piante autoluminescenti: la ricerca ci prova

Un gruppo di scienziati ha creato i primi vegetali che si illuminano al buio producendo luce da sé, senza l'aggiunta di sostanze chimiche
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Attualmente esistono circa una trentina di sistemi biologici che emettono luce naturalmente, sopravvissuti a strozzature evolutive. Tra le varie specie ritroviamo principalmente batteri, dinoflagellati, funghi e insetti. I responsabili di queste emissioni sono gli enzimi del gruppo delle luciferasi, che catalizzano l'ossidazione delle luciferine (pigmenti). Questo gruppo di enzimi raccoglie varie macromolecole presenti in diversi organismi molto distanti tra loro da un punto di vista filogenetico.

I batteri luminosi, tutti gram negativi, sono i più abbondanti e ampiamente diffusi. Si trovano come specie a vita libera nel mare, come saprofiti o simbionti sui pesci e sui calamari, e in diverse altre nicchie ecologiche. La maggior parte di questi batteri appartiene a tre generi: Vibrio, Photobacterium, e Xenorhabdus.
Il sistema enzimatico per l'emissione di luce batterica è codificato dall'operone lux che è altamente conservato nelle varie specie di batteri luminosi. I substrati utilizzati nella reazione sono per larga parte rappresentati dalla flavina mononucleotide e da aldeidi a lunga catena.
L'espressione delle varie luciferasi in impianti derivati dall'applicazione esogena di luciferine (spesso tossiche) in tessuti vegetali vivi ha dato risultati insoddisfacenti: emissioni di luce deboli e solo temporanee.

Un team di ricercatori statunitense guidato da Alex Krichevsky ha intrapreso una ricerca volta a dimostrare la possibilità di effettuare un impianto transplastomico per produrre sia luciferasi che luciferine. Tra i vari apparati bioluminescenti evoluti e indipendenti, il sistema di emissione batterico è quello più adatto allo scopo, vista l'origine evolutiva dei cloroplasti: l'endosimbiosi cianobatterica.
Questa affinità evolutiva è alla base della capacità delle piante di produrre riboflavina, dalla quale si genera flavina mononucleotide. Nelle piante, come nei batteri, la biosintesi degli acidi grassi è supportata dallo stesso tipo di acido grasso sintasi (FAS II).
Tuttavia, se da un lato i cloroplasti vegetali condividono origini evolutive con i procarioti, questi organelli non sono batteri, ed esistono differenze biologiche fondamentali che riguardano ad esempio la complessità della regolazione della trascrizione e altre caratteristiche.

È quindi sorprendente come le piante superiori siano in grado di riprodurre funzionalmente e in modo completo un complesso percorso enzimatico derivato da un organismo marino anche se evolutivamente correlato al mondo vegetale.
In questa ricerca, risalente al 2010, dalla quale è nata l'ambiziosa startup BioGlow, sono state create piante transplastomiche capaci di riprodurre correttamente un percorso di luciferasi batterica, che permette l'emissione di luce visibile a occhio nudo.
I ricercatori hanno generato due linee indipendenti di piante di Nicotiana tabacum transplastomiche, inserendo con accurate metodologie di laboratorio (microbombardamenti) l'operone lux batterico isolato da Photobacterium leiognathi. Una volta apparsi i germogli sono stati identificati quelli modificati con la tecnica PCR. Nessuna delle linee dell'impianto transplastomico ha mostrato cambiamenti fenotipici nello sviluppo o nella morfogenesi. Le piante di entrambe le linee mostrano bioluminescenza.
La sostanziale affinità nei meccanismi di espressione di tutti i vegetali rende, in linea teorica, questo metodo applicabile a tutte le specie.

L'autoluminescenza delle piante può essere ulteriormente aumentata con l'utilizzo di diversi promotori che vanno a modificare i livelli di luciferasi. Sono anche possibili modificazioni del colore della luce e creazione di bagliore in specifici organi usando fattori di trascrizione tessuto-specifici. Questa ricerca migliora la comprensione dei processi di espressione complessi delle piante e si rivela interessante soprattutto in floricoltura, vista l'ereditarietà materna del DNA dei plastidi nella maggior parte delle piante da fiore.

La domanda sorge spontanea: potremmo, un giorno, illuminare le nostre case usando piante autoluminescenti?
  
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