Uomo e natura: la necessità della conservazione

Conciliare le attività antropiche con i bisogni dell’ambiente è fondamentale, pena la scomparsa di ogni prospettiva di crescita sostenibile
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Un rapporto complesso. L'attività umana sta trasformando la biosfera terrestre, incidendo sulla biodiversità globale e modificando la stabilità e il funzionamento degli ecosistemi. In definitiva questi effetti vanno a colpire la fornitura effettiva di servizi ecosistemici fondamentali per la sopravvivenza. Sono state numerose le iniziative che hanno avuto l’obiettivo di conciliare lo sviluppo umano con la conservazione degli ecosistemi, come ad esempio la EU Biodiversity Strategy.
Tuttavia, tali sforzi richiedono una conoscenza approfondita delle attuali condizioni degli ambienti, includendo anche le osservazioni sull’effettiva pressione che l’attività umana esercita su di essi.
Le precedenti valutazioni globali sulla modifica degli ecosistemi ad opera antropica si sono concentrate in gran parte sulla conversione degli habitat, non garantendo osservazioni sulla varietà delle attività umane coinvolte (agricoltura, insediamenti, infrastrutture, energia ecc.) e sugli effetti cumulativi delle attività multiple.

Lo studio statunitense.
In una nuova ricerca è stata condotta una valutazione spaziale completa sulla stima di impatto che hanno 13 fattori di stress antropogenici su tutti gli ambienti terrestri. I dati utilizzati sono riferiti al 2016 e grazie a questi è stato possibile modellare e mappare l’estensione spaziale di ciascun fattore con un dettaglio di 1 km2.
I fattori ricadono in cinque principali categorie:
  • Insediamenti umani (inquinamento e aree edificate);
  • Agricoltura (coltivazioni e allevamenti);
  • Trasporti (strade e binari);
  • Energie (estrazioni minerarie, pozzi petroliferi e turbine eoliche);
  • Infrastrutture elettriche (linee elettriche e luci notturne).
Per avere un quadro completo dell’impatto lo studio ha valutato la variazione locale nel territorio di riferimento nell’ottica delle modifiche sulle ecoregioni (definite come unità relativamente grandi di terra o acqua contenenti un assemblaggio distinto di specie e comunità naturali, con confini che approssimano l'estensione originale delle comunità naturali prima di importanti cambiamenti nell'uso della terra) e sul bioma.
I ricercatori affermano che la risultante mappa delle modifiche umane rappresenta la quantificazione più completa dell'influenza dell'attività umana sul globo.

I dati e le implicazioni politiche.
I risultati mostrano che il 95% della superficie terrestre presenza indicazioni di pressione antropica e l’84% è interessata dagli effetti di attività multiple. Più fattori di stress si associano ai più alti livelli di modifiche ecosistemiche. Guardando le ecoregioni, solamente il 30% di esse si configura come a basso grado di modifica, mentre il 52% riscontra modifiche moderate. Le ecoregioni richiedono una pianificazione attenta all’uso del suolo e sono strategiche la protezione degli habitat e le azioni di ripristino, che sostengono attivamente l’aumento della biodiversità (influendo sui servizi ecosistemici). Gli effetti delle attività multiple possono anche spingere gli ambienti naturali a raggiungere soglie limite e in alcuni casi il punto di non ritorno ecologico, oltre il quale risulta impossibile recuperare l’habitat in modo completo. Questi risultati dovrebbero ottenere una certa considerazione da parte dei decisori politici, visto che possono essere utilizzati sia localmente che globalmente. La priorità dovrebbe, a parere dei ricercatori, essere data alla conservazione delle ecoregioni moderatamente modificate, che sono vicine al raggiungimento della soglia critica per l’utilizzo del suolo, cercando di recuperarle prima di perdere irrimediabilmente il loro fondamentale valore ambientale.
Conciliare l’attività umana alla consapevolezza della necessità di conservazione è necessario poiché è impossibile slegare le attività economiche dall’ambiente che, di fatto, le sostiene.

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