Il calo degli insetti pronubi: la situazione in Gran Bretagna

Alcune specie diminuiscono di numero, altre aumentano. I risultati di una ricerca su di un fenomeno ancora tutto da comprendere
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L'impollinazione entomofila e i suoi driver. In Gran Bretagna è stata condotta una lunga campagna di raccolta dati per stimare l’andamento nel numero di popolazioni di impollinatori selvatici. Lo studio ha riguardato la totalità del territorio e ha permesso la rilevazione di 353 specie diverse dal 1980 al 2013.
I risultati hanno messo in evidenza che un terzo delle specie è in declino, mentre un decimo in aumento. In media si osserva una perdita netta di 11 specie per km2 con un calo complessivo di un quarto delle specie, facendo pensare a un rischio significativo per la biodiversità e per l’ecosistema.
È importante ricordare come l’impollinazione sia un fattore fondamentale per l’ambiente e per la sicurezza alimentare. Infatti circa il 75% delle colture eduli (frutta, verdura, caffè, cacao) si basano sull’impollinazione entomofila. Queste colture corrispondono al 35% della produzione agricola globale. Non solo le piante delle quali ci nutriamo, però, dipendono dagli impollinatori: l’88% delle specie da fiore è infatti strettamente legata alla presenza degli insetti. I rischi quindi non riguardano solo l’agricoltura ma più in generale la presenza vegetale sul pianeta. I cambiamenti climatici, la perdita di habitat, la diffusione di specie invasive e l’utilizzo sconsiderato degli agrofarmaci rappresentano i fattori più rilevanti che possono minare la sopravvivenza degli impollinatori; tuttavia mancano delle stime su larga scala in grado di dare una lettura esaustiva a questo particolare fenomeno.

Il recente studio. Lo studio è stato condotto utilizzando i dati delle segnalazioni provenienti da varie strutture come la UK Hoverfly Recording Scheme e la Bees, Wasps, and Ants Recording Society dal 1980 al 2013. Questi sono stati poi inseriti all’interno di un sistema di riferimento territoriale, in modo da ottenere uno schema di incidenza delle popolazioni di insetti in determinato contesto geografico.
Il set di dati è composto da 297.536 registrazioni su 139 specie di api e 417.856 registrazioni su 214 altre specie pronube, arrivando a coprire quindi il 75% della fauna impollinatrice britannica.
Le api sono state divise in selvatiche e delle colture, mentre gli altri impollinatori in degli altopiani, meridionali, meridionali diffusi e diffusi (oltre a distinguerli tra sociali e solitari).
Gli impollinatori selvatici hanno mostrato una serie di tendenze diverse fra loro: un terzo delle specie di impollinatori selvatici è diminuito di numero durante il periodo di studio, un decimo delle specie è invece aumentato e il resto non ha evidenziato nessuna chiara tendenza. Complessivamente, ciò riflette una perdita di 11 specie di impollinatori per cella (1km2).  Praticamente tutte le diminuzioni gravi delle api si sono verificate dopo il 2007, mentre gli altri impollinatori sono diminuiti costantemente dal 1987 al 2012. I ricercatori suggeriscono che ciò potrebbe essere collegato a comportamenti specifici: il foraggiamento in luoghi fissi delle api contro l’alimentazione più varia delle altre specie o ad eventi ben precisi e localizzati.
La maggior parte delle specie di api è diminuita, nonostante un sottoinsieme di specie chiave per le colture economicamente importanti abbia evidenziato un aumento del 12% e le specie sociali (compresi i bombi) hanno incrementato la propria occupazione del 38% (rispetto a un calo del 32% per le specie solitarie). I ricercatori ipotizzano che questi incrementi potrebbero essere dovuti a un aumento delle iniziative mirate alla diffusione dei bombi e all’aumento delle superfici coltivate in quel dato periodo.  Contemporaneamente, le specie di altura sono calate del 55% e quelle meridionali del 25%, suggerendo come l’habitat sia un driver fondamentale della diffusione degli impollinatori.
I risultati ottenuti sono particolarmente interessanti se inseriti nella viva discussione che negli ultimi anni ruota attorno ai problemi degli impollinatori, spesso ridotti alla semplicistica definizione di moria delle api. Il futuro della ricerca deve guardare a una scala ancora più ampia, quantomeno continentale, per riuscire a inquadrare in maniera ottimale il fenomeno riunendo anche i dati sui tassi di impollinazione, oltre a quelli sull’abbondanza di specie.

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