Dormienza e cambiamento climatico

L’utilizzo dei combustibili fossili e la deforestazione hanno avuto come risultato un aumento della concentrazione di anidride carbonica con i noti riflessi sul cambiamento climatico

Le specie arboree si sono adattate alle condizioni climatiche e ambientali attraverso l’evoluzione di determinate caratteristiche del comportamento fenologico. Molte di queste specie potrebbero non avere la plasticità per adattare il proprio comportamento alle modificate condizioni esterne

Variabili di dormienza. Il periodo di dormienza rappresenta una strategia per sfuggire alle circostanze sfavorevoli, minimizzando il rischio di danni da gelo, mentre la durata della stagione di crescita attiva è massimizzata sulla base delle condizioni favorevoli. Il meccanismo che governa l’entrata e l’uscita dalla dormienza è estremamente tarato e raffinato, e incentrato principalmente su variabili climatiche quali temperatura e fotoperiodo. La temperatura è una delle variabili ambientali più efficienti nel segnalare alle piante il momento di iniziare l’attività fisiologica, mentre il fotoperiodo, forse mediante un effetto combinato con la temperatura, determina il momento della cessazione dell’attività. È stato ipotizzato che il cambio climatico possa disturbare questo fine meccanismo che le piante hanno elaborato per sfuggire al gelo invernale. Le piante potrebbero non essere in grado di accumulare le ore di freddo necessarie per una efficace ripresa vegetativa in primavera, oppure riprendere la crescita troppo precocemente, aumentando così il rischio di subire danni a causa di gelate primaverili.

Cambiamento climatico. L’impatto del cambiamento climatico è già evidente in diversi lavori i quali dimostrano come, in alcune popolazioni vegetali, gli eventi fenologici primaverili siano già mediamente ritardati di tre giorni a causa di inverni troppo miti. Al contrario, lavori condotti su quattro specie arboree ampiamente diffuse in Inghilterra (Quercus robur, Fraxinus excelsior, Aesculus hippocastanus, Tilia vulgaris), hanno dimostrato come l’innalzamento delle temperature primaverili può implicare un anticipo della comparsa delle foglia di 2-4 giorni/°C. Questo anticipo può incrementare significativamente i danni da gelate tardive, soprattutto in paesi freddi come quelli scandinavi. Inoltre, le modificazioni della temperatura possono influire sulla durata del periodo di attività vegetativa, influenzando in maniera diversa il periodo di fogliazione e di caduta delle foglie. Questo è stato dimostrato evidenzia come l’entità dello slittamento di queste date vari a seconda della specie considerata. Quindi, per alcune specie (Larix decidua, Quercus robur) la stagione vegetativa potrebbe accorciarsi maggiormente rispetto ad altre (Fagus sylvatica, Tilia cordata). Le specifiche risposte fenologiche delle diverse specie arboree ai cambiamenti di temperatura potrebbero, dunque, portare nel lungo periodo a cambiamenti nella loro distribuzione geografica.