Una nuova ricerca dimostra come l'uso dei prodotti chimici influisca anche sul comportamento riproduttivo delle specie vegetali
Gli erbicidi sono tra le sostanze chimiche più utilizzate in agricoltura. Sono stati fondamentali per l'aumento della produttività delle colture al quale abbiamo assistito negli ultimi 50 anni. Essi vengono spruzzati diverse volte l'anno su campi coltivati in pratica nella totalità dei Paesi europei. Oltre ad uccidere le piante target, gli erbicidi possono arrivare per deriva in habitat vicini e colpire specie non bersaglio. Una nuova ricerca ha valutato l'effetto degli erbicidi sulle piante non bersaglio durante diverse fasi del ciclo di vita vegetale, per determinare quando le piante sono più suscettibili.
Alcune variabili in esame. Lo studio è stato condotto in diversi siti in Canada e in Danimarca, in modo da disporre di diversi tipi di vegetazione.
Il campione canadese è composto da tre sezioni di bosco adiacente ai campi coltivati con soia, mais e grano. I ricercatori hanno registrato la fase fenologica delle piante distinguendola in vegetativa e riproduttiva, al momento dell'applicazione dell'erbicida. È stato valutato lo stato della vegetazione prima e dopo l'intervento chimico.
In Danimarca, sono state esaminate, invece, 40 siepi. Queste si trovano in parte adiacenti a sistemi di agricoltura biologica e in parte a aziende di coltivazione convenzionale. Questo ha permesso ai ricercatori di confrontare l'effetto dell'uso di erbicidi tra i due sistemi.
In Canada, 35 delle 104 totali specie forestali hanno mostrato effetti marcati derivati dall'uso degli erbicidi, 13 specie in particolare evidenziano chiari sintomi di avvelenamento.
L'uso di tali composti ha colpito anche la fioritura. Nelle siepi danesi, ha impedito la riproduzione, causando effetti visibili anche l'anno successivo. Gli autori osservano quindi che gli effetti non sono solo immediati ma anche sul lungo termine.
Inoltre, il numero di specie in fiore durante la stagione di crescita è stato significativamente superiore nelle siepi adiacenti ai campi biologici rispetto campi convenzionali.
La coltivazione biologica ha promosso la diversità vegetale e la capacità di fioritura, mentre l'agricoltura convenzionale ha inibito la produzione di fiori. I ricercatori hanno anche condotto studi in serra, necessari per aumentare le osservazioni.
Hanno misurato l'inizio della fioritura e il numero di fiori dopo l'esposizione agli erbicidi. Gli erbicidi hanno causato notevoli ritardi nella fioritura e ridotta produzione di fiori in molte specie, tra cui Capsella bursa-pastoris, grano saraceno (Fagopyrum esculentum), girasole (Helianthus annuus) e pomodoro (Solanum lycopersicum).
Le modifiche del calendario di fioritura possono avere conseguenze importanti per gli insetti impollinatori, e possono esporre i fiori a condizioni meteorologiche sfavorevoli.
Le conclusioni. Grazie ai risultati di questa ricerca, gli scienziati raccomandano che le valutazioni ecologiche, che attualmente considerano l'impatto degli erbicidi solo sulle giovani piante, devono essere estese agli impianti per periodi più lunghi, al fine di valutare l'impatto sulla riproduzione.
Sono necessarie, inoltre, misure per ridurre l'uso degli erbicidi e soprattutto interventi per limitarne la deriva che colpisce gli organismi non bersaglio. Questo avrebbe importanti implicazioni sulla sopravvivenza delle piante, sulla produzione di sementi e, in ultima analisi, sulla biodiversità.