Integrandola con l'ecologia, anche la genetica delle popolazioni può contribuire a sviluppare strategie di conservazione della biodiversità
L'ultimo rapporto dell'IPCC fornisce un quadro molto chiaro circa i cambiamenti climatici in corso e la loro accelerazione. Anche se le emissioni di CO2 possono essere ridotte entro il 2050, è probabile che ci sarà un ulteriore innalzamento della temperatura (di almeno 2°C) al di sopra del livello attuale, insieme ad un aumento delle temperature estreme. Inoltre, emergeranno una gamma di cambiamenti associati, tra cui l'acidificazione degli oceani, l'aumento dell'incidenza degli incendi e della loro gravità, l'intensificarsi delle tempeste, la durata e l'intensità delle siccità e delle inondazioni così come cambiamenti nella salinità delle zone costiere.
Complessità delle previsioni. Le distribuzioni di molte specie subiranno notevoli spostamenti in questo periodo. Utilizzando metodi informatici predittivi applicati alle nicchie climatiche si ipotizza che molte aree attualmente occupate da specie e comunità non saranno più adatte per loro. Allo stesso tempo, i cambiamenti potranno essere idiosincratici e alcune specie tenderanno a beneficiare degli effetti dell'innalzamento delle temperature; si formeranno quindi gruppi di nuove specie invasive.
Le previsioni basate sui modelli di distribuzione delle specie sono relativamente grossolane perché ipotizzano che le distribuzioni attuali siano limitate esclusivamente da fattori climatici, mentre lo spazio che la specie può tollerare può essere sostanzialmente maggiore della zona dove effettivamente si ritrova. Per risolvere questo problema, i ricercatori hanno esplorato i limiti della tolleranza e della crescita di alcune specie, ma rimangono polemiche riguardo quale sia il miglior approccio di creazione e di interpretazione dei modelli.
Una questione adattativa. I limiti di tolleranza spesso non dipendono solo da condizioni immediate, ma anche da quelle incontrate durante lo sviluppo e dalla velocità con cui avviene, così come da una serie di altri fattori. Le specie possono rispondere plasticamente, alterando i tassi di crescita, innescando cambiamenti fenologici ed evidenziando una crescente resistenza agli estremi. Questa risposta può essere riassunta in una definizione: direzione adattiva. L'adattamento comportamentale potrebbe anche consentire alle specie di trovare aree con microclimi idonei all'interno delle loro distribuzioni attuali e renderebbe possibile il monitoraggio del movimento nello spazio delle loro nicchie.
I fattori biotici introducono un altro livello di incertezza delle previsioni, in quanto generano un'ulteriore fonte di stress ambientale. Forse il più importante fattore biotico è la crescita della popolazione umana e l'impatto di oltre 7 miliardi di persone in un ambiente naturale che è sempre più inquinato. Gli impatti negativi delle attività umane sulla biodiversità sono ben documentati e comprendono effetti diretti, in grado di innescare estinzioni di specie attraverso lo sfruttamento eccessivo, ed effetti indiretti come la rimozione di habitat o l'estrazione delle risorse.
Alcune specie seguiranno i cambiamenti climatici con successo, altre potranno beneficiare di spazio libero creato dall'estinzione di altre, le specie tropicali e subtropicali potranno invadere aree più ampie, ma molte comunità andranno perse. Tutti questi cambiamenti si svolgeranno nel contesto di una maggiore frammentazione del paesaggio. Ci sarà anche una portata degli effetti di questi cambiamenti sui servizi ecosistemici forniti dall'ambiente naturale, incidendo direttamente sulla capacità delle specie, compresa la nostra, di accedere alle risorse necessarie per la persistenza.
Migliorare la conoscenza. È oggi il momento di considerare, oltre all'approccio ecologico, anche quello genomico per studiare la risposta delle specie ai cambiamenti climatici.
I dati forniti dalla genetica di popolazione possono ora essere utilizzati in esperimenti relativamente semplici per valutare la diversità genetica all'interno e tra le specie, per mappare i livelli di diversità attraverso i paesaggi, e per comprendere l'importanza relativa dei processi evolutivi come la deriva genetica e la migrazione nella dinamica delle popolazioni. La genetica delle popolazioni fornisce intuizioni senza precedenti nella portata e nelle conseguenze evolutive dell'ibridazione naturale, e permette di valutare e monitorare i risultati delle decisioni di gestione come il ripristino di paesaggi degradati e di comunità attraverso programmi di rivegetazione.
Tuttavia, la limitazione chiave dell'approccio genomico è la difficoltà di identificazione delle precise varianti genetiche che sono alla base delle risposte adattative al cambiamento climatico. La genomica quantitativa, combinata con adeguate osservazioni ecologiche, è in grado di fornire importanti apporti allo studio del cambiamento climatico. Questo renderà possibile individuare e attuare strategie sostanzialmente più efficaci ed efficienti di gestione della biodiversità nell'ambito del cambiamento climatico.