Lo strano rapporto tra disparità economica e biodiversità

Uno studio canadese ha utilizzato alcuni dati per verificare se e quanto la disuguaglianza possa influire sulla diffusione degli esseri viventi. I risultati sono sorprendenti
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Le attività umane hanno notevolmente aumentato i tassi d'estinzione di specie e popolazioni. Ciò mina direttamente la ricchezza e la diversità della vita sulla Terra, e, indirettamente, minaccia il benessere umano, ad esempio, attraverso gli effetti negativi della perdita di biodiversità sui servizi ecosistemici. Le cause immediate di tale perdita sono la distruzione degli habitat, il cambiamento climatico, l'omogenizzazione biotica, l'estrazione incontrollata delle risorse e l'inquinamento. Tuttavia, le componenti socio-economiche che stanno dietro questi driver biofisici sono poco conosciute.

Disparità economiche e biodiversità.
Mentre la dimensione economica di un paese predice il suo impatto ambientale complessivo abbastanza bene, poco si sa su come la distribuzione della ricchezza o del reddito all'interno di un'economia influenzino l'ambiente. Olson ha suggerito che i piccoli gruppi con notevole disuguaglianza potrebbero favorire il mantenimento di un certo bene. L'idea è che quando la maggior parte di una risorsa è detenuta da pochi soggetti, è nel loro interesse conservarla indipendentemente dalle condizioni dei membri più poveri del gruppo. Alcune recenti analisi teoriche supportano questo punto di vista. Tuttavia, altri studi suggeriscono che la disuguaglianza può ostacolare la conservazione, e un lavoro empirico ha dimostrato che la disuguaglianza può contrastare l'azione collettiva necessaria per la tutela dell'ambiente e la salute pubblica. Sebbene questi studi facciano emergere una connessione tra disuguaglianza e degrado ambientale, il segno e la forza della relazione con la biodiversità rimangono sconosciuti.

La ricerca.
Uno studio canadese che risale a qualche anno fa, ha utilizzato nuovi dati per verificare se e quanto fortemente la disuguaglianza è legata alla perdita di biodiversità. Gli autori hanno esaminato due diverse scale spaziali: paesi relativamente piccoli e stati all'interno degli USA, usando l'indice di concentrazione di Gini come misura della disuguaglianza economica. Questa statistica può teoricamente variare tra zero e uno. Zero indica che tutte le famiglie in una data società hanno esattamente lo stesso reddito, mentre uno significa che una singola famiglia riceve tutto il reddito. L'indice effettivo ha spaziato tra 0,16-0,68 nei paesi, negli anni tra il 1960 e il 1999, e ha oscillato tra 0,31-0,53 tra i diversi stati degli USA negli anni tra il 1969 e il 1999.
La misura della perdita di biodiversità nei paesi è stata rappresentata dal numero di specie vegetali e di vertebrati note per essere considerate come minacciate nel 2004. Sono state prese in esame due variabili socio-economiche: le dimensioni della popolazione umana e il potere lordo d'acquisto pro capite. Globalmente i paesi che sono stati analizzati sono 45 e coprono il 51% della superficie della Terra escluso l'Antartide, attualmente contengono il 62% della popolazione mondiale e generano il 71% della produzione lorda mondiale.
È stata utilizzata un'analisi della regressione multipla per studiare i dati.

I risultati.
Sia su piccola che su larga scala sono state trovate relazioni sorprendenti tra la disparità di reddito e la perdita di biodiversità. Le società con distribuzioni più disuguali del reddito hanno perdite di biodiversità maggiori. Un aumento dell'1% del dell'indice di Gini è associato ad un aumento quasi del 2% del numero di specie minacciate.
I risultati contrastano con la convinzione che sia la dimensione complessiva dell'economia l'unico driver che incide sulla salute dell'ambiente. I ricercatori affermano che questi dati dovrebbero insegnarci che condividere le risorse economiche, può aiutarci a mantenere in buona salute gli ecosistemi anche che esiste comunque la possibilità di una relazione casuale tra i fattori studiati nella ricerca.
 

 

FONTE: http://journals.plos.org/