Fitodepurazione, metodo eco-sostenibile per la bonifica di siti inquinati

Da tempo la ricerca sta sviluppando conoscenze su questa tecnologia. Il ruolo del CNR
La fitodepurazione è una tecnologia emergente nell’ambito dei più moderni sistemi di bonifica e ripristino ambientali. È relativamente più economica dei sistemi di bonifica convenzionali e a basso impatto ambientale ossia eco-compatibile o “verde”, e per questo ha conquistato un largo consenso nell’opinione pubblica (“green technology aesthetically pleasing”). Tuttavia, la sua applicabilità è attualmente limitata a causa soprattutto dei tempi di impiego, relativamente lunghi perché strettamente legati al ciclo di sviluppo delle piante utilizzate, e alla scarsa “standardizzazione” delle metodologie.

La ricerca applicata. Da diversi anni il CNR e in particolare gli istituti IBAF (Istituto di Biologia Agro-ambientale e Forestale) e IBBA (Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria) conducono ricerche di base e applicative sulla fitodepurazione, allo scopo di identificare i meccanismi morfo-fisiologici, biochimici e molecolari che regolano la capacità delle piante di tollerare e/o degradare sostanze potenzialmente tossiche per gli ecosistemi. Ciò permetterà di selezionare specie vegetali utilizzabili in programmi di intervento per la bonifica ed il recupero di siti inquinati da contaminanti di varia natura, con ricadute positive sulla salvaguardia dell’ambiente, la sicurezza alimentare e la tutela del paesaggio. In particolare, lo studio della risposta delle piante agrarie e forestali all’inquinamento ed ai cambiamenti climatici si sviluppa nello studio del funzionamento dei meccanismi metabolici di base coinvolti e nel possibile risvolto di tipo applicativo per lo sviluppo di tecnologie di risanamento ambientale adeguate. Di conseguenza, si realizzano esperimenti in condizioni di crescita delle piante completamente controllate (sistemi in vitro, cella climatica) o semi-controllate (serra, lisimetro, mesocosmo) e si allestiscono impianti in piena aria in ambienti confinati e/o di campo.

Piante accumulatrici. Lemna minor, monocotiledone, è una macrofita acquatica galleggiante, ampiamente studiata per la sua capacità di rimuovere i metalli dalle acque di superficie; può essere considerata una pianta iperaccumulatrice di cadmio. Assorbe Cd, direttamente, attraverso la superficie inferiore della lamina fogliare. Questa pianta raramente fiorisce in natura e il più delle volte si riproduce per gemmazione, raddoppiando ogni 2 o 3 giorni in condizioni ottimali la sua massa vegetativa. È diffusa ovunque. In Italia cresce spontaneamente, ricoprendo vaste superfici di acque stagnanti (laghi, risaie, canali).

Il pioppo non è classificabile tra le iperaccumulatrici, ma per la sua natura di pianta freatofita a rapido accrescimento, alto potere evapotraspirativo ed elevata formazione di biomassa, è capace di assorbire ed accumulare nei vari tessuti notevoli quantità di metalli durante il suo ciclo biologico poliennale. La sperimentazione condotta su questa specie ha permesso di individuare la capacità di assorbire e traslocare i metalli in eccesso, accumulandoli, per esempio, nei tessuti più vecchi o metabolicamente meno attivi. La senescenza e caduta precoce delle foglie durante la stagione autunnale ne è una diretta conseguenza. Nei tessuti del fusto e della radice il maggiore sviluppo dell’endoderma fa da barriera e filtro all’eccesso dei metalli assorbiti, riducendone il trasferimento nei vasi.

Meccanisimi metabolici. L’attività sperimentale svolta ha permesso di caratterizzare dal punto di vista biochimico e molecolare la risposta della diverse specie vegetali alla presenza di inquinanti, oltre che fisiologico e morfologico-strutturale. A livello biochimico i meccanismi di detossificazione dei metalli messi in atto dalla cellula vegetale sono diversi e coinvolgono principalmente il metabolismo secondario. Le ricerche condotte sulle specie indagate hanno consentito di caratterizzarne alcuni, quali il sequestro (“chelazione”) e la compartimentazione dei metalli negli organuli cellulari (soprattutto vacuolo), la sintesi di molecole a basso (es. glutatione o GSH) ed alto (es. fitochelatine, acidi organici, poliammine) peso molecolare capaci di legare i metalli pesanti, la riduzione chimica dello stato di ossidazione dello ione metallico mediante l’attivazione di sistemi antiossidativi (es. ciclo ascorbato-glutatione), la maggiore sintesi di composti polifenolici ad azione antiossidante e di precursori dei componenti della parete cellulare. Di conseguenza, un elevato contenuto di GSH ed un incremento dell’attività della glutatione reduttasi sono associati ad una maggiore tolleranza nell’accumulo di metalli pesanti necessaria a piante che si comportano da iperaccumulatrici come Lemna minor.

Importanza della ricerca. A livello molecolare nella risposta del pioppo all’eccesso di metalli pesanti sono stati individuati geni candidati per la tolleranza e/o resistenza codificanti per funzioni di trasporto e di sintesi e controllo dello stato redox del glutatione. Inutile dire che il coinvolgimento diretto di funzioni legate al metabolismo secondario della pianta interessa, in funzione dell’intensità e della durata dell’esposizione all’eccesso di metalli, vie metaboliche primarie, quali l’attività fotosintetica e il metabolismo dell’azoto.

La ricerca finora condotta sulla fitodepurazione ha permesso di verificare che la capacità di detossificazione delle piante non è solo specie-specifica, ma anche organo- e tessuto-specifica. Dopo decenni di studi prevalentemente concentrati sulla porzione aerea della pianta,  l’evoluzione e l’innovazione dei mezzi strumentali ed analitici sta sempre più favorendo anche l’indagine del comportamento della radice (“the hidden half”) in risposta agli inquinanti, soprattutto quelli diffusi nel sistema suolo (o substrato)-acqua. A questo proposito i gruppi di ricerca del CNR hanno intrapreso e stanno sviluppando interessanti attività, utilizzando anche Arabidopsis thaliana come pianta modello, oltre alle specie vegetali già citate. Queste conoscenze sono indispensabili per migliorare la capacità di tolleranza e/o resistenza a metalli pesanti ed altri contaminanti da parte delle piante e costituiscono la base per l’individuazione di piante selezionate o geneticamente modificate in grado di accumulare e/o degradare inquinanti da usare in programmi di bonifica di aree contaminate.

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