Scavi, radici e danni fisiologici: una ricerca in corso

Università di Firenze e Fondazione Minoprio hanno attuato una sperimentazione per valutare la reazione delle piante ai lavori di scavo
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Il verde urbano produce annualmente impagabili benefici di natura ambientale, ecologica, sanitaria, culturale, economica e sociale. La capacità di una pianta di apportare questi benefici è correlata al suo stato di salute e alla sua longevità, fattori che, in ambiente urbano, sono minacciati da una varietà di agenti di stress, alcuni di natura abiotica, altri di natura biotica, altri ancora legati alle attività antropiche.

Scavi dannosi per le radici. In particolare, gli alberi a dimora in ambiente urbano sono interessati da intensi conflitti con edifici, strade, infrastrutture e sottoservizi e, nella maggior parte dei casi, le esigenze costruttive e manutentive hanno la precedenza sulla tutela delle aree a verde interessate dai cantieri (clicca QUI per leggere precedente articolo). Un singolo scavo, effettuato in prossimità degli apparati radicali per scopi edilizi o, come sempre più spesso accade negli ultimi anni, per l’installazione e la manutenzione della fibra ottica e di altri sottoservizi, può causare la perdita del 20-50% delle radici della pianta, a seconda della specie, del tipo di suolo e della distanza dello scavo dal fusto. Il danno è particolarmente serio, perché oltre il 70% delle radici è concentrato nei 40 centimetri di suolo più superficiali e perché esse si estendono considerevolmente oltre la proiezione della chioma dell’albero. Uno dei principali effetti derivanti dal danneggiamento degli apparati radicali a causa dello scavo di fosse o trincee è l’aumento della propensione al cedimento per ribaltamento della zolla. Infatti, la rimozione di estese porzioni di radici strutturali riduce la capacità di ancoraggio della pianta al suolo. Inoltre, poiché anche le radici assorbenti, oltre a quelle strutturali, vengono danneggiate, l’architettura idraulica della pianta ne risulta alterata. Ciò comporta un aumento della mortalità di circa il 18-22% negli 8 anni successivi allo scavo. È stato osservato come, frequentemente, la morte della pianta non sia preceduta dalla comparsa di sintomi visibili, che spesso appaiono solo dopo anni dall’esecuzione degli scavi, quando ormai l’albero è già compromesso.

Sperimentazione in atto. C’è molta curiosità, nel mondo scientifico, riguardo alle cause fisiologiche di tale declino. Le conseguenze del danneggiamento degli apparati radicali sulla fisiologia delle piante sono, infatti, del tutto inesplorate. Al contrario, capire e quantificare le alterazioni fisiologiche indotte dagli scavi può essere un utile elemento per la diagnosi precoce del danno. Per questo il DiSPAA – sez. colture arboree dell’Università di Firenze, in collaborazione con Fondazione Minoprio ha impostato una sperimentazione quinquennale per studiare gli effetti dei danni da scavo sulla fisiologia di due specie arboree (Tilia x europaea, Aesculus hippocastanum) ampiamente utilizzate in ambiente urbano. La sperimentazione ha comparato tre tesi distinte: 1) alberi non danneggiati; 2) alberi danneggiati mediante lo scavo di una trincea profonda 70 cm a 50 cm dal colletto; 3) alberi danneggiati mediante lo scavo di due trincee profonde 70 cm a 50 cm dal colletto, simmetriche rispetto a quest’ultimo. I risultati ottenuti hanno messo in luce come l’esecuzione di scavi in prossimità del colletto abbia ridotto l’estensione dell’apparato radicale del 35-40% (1 scavo) e del 70% (due scavi) e come ciò abbia indotto un calo del potenziale idrico fogliare, della crescita e della fotosintesi, quest’ultimo prevalentemente legato a limitazioni di natura stomatica. È apparso evidente come l’esecuzione di scavi a una distanza inferiore a quella raccomandata, oltre a ridurre drasticamente la resistenza al ribaltamento, abbia causato sintomi assimilabili a quelli provocati da uno stress idrico di moderata entità. Tuttavia, rispetto a quest’ultimo, lo stress indotto dagli scavi ha alcune caratteristiche peculiari: 1) si è verificato in annate estremamente piovose (1450 mm nel 2009 e 1800 mm nel 2010, contro una media trentennale di 1100 mm) e caratterizzate da frequenti piogge nel periodo estivo, condizioni in cui alberi non danneggiati non hanno risentito in alcun modo della siccità; 2) mentre, una volta fornita l’acqua, una pianta recupera velocemente da uno stress idrico moderato, gli effetti fisiologici del danneggiamento sono di lunga durata, poiché dipendono dalla diminuita capacità di assorbimento della pianta anziché dalla disponibilità della risorsa idrica. Chiaramente, la capacità di tollerare la manipolazione o il danneggiamento delle radici varia da specie a specie. Nella sperimentazione, nonostante gli effetti degli scavi siano stati simili in tiglio e ippocastano, il primo ha mostrato una maggior capacità di recupero negli anni successivi al danno.

Alcune regole da considerare. Constatando la severità e la lunga durata dei danni da scavo sulle alberature messe in luce dalla sperimentazione, diviene estremamente urgente cercar di far capire l’importanza dell’adozione di metodi alternativi di installazione dei sottoservizi e di semplici accorgimenti per tutelare il più possibile il patrimonio arboreo, tra cui: 1) prima di effettuare gli scavi, delimitare e transennare una zona di protezione dell’albero (le cui dimensioni sono variabili in funzione della tolleranza della specie, dell’età della pianta e delle sue dimensioni); 2) utilizzare metodi di installazione dei sottoservizi che non prevedano lo scavo di trincee, quali il directional drilling; 3) consultare arboricoltori certificati prima dell’esecuzione dei lavori.La sperimentazione è stata finanziata da Regione Lombardia nell’ambito del progetto “Miglioramento delle tecniche produttive e della qualità del prodotto nel vivaismo ornamentale” (TECPRO) e da Tree Research and Education Endowment Fund (TREEFUND) nell’ambito del Jack Kimmel Award 2011.

Note.La sperimentazione è stata finanziata da Regione Lombardia nell’ambito del progetto “Miglioramento delle tecniche produttive e della qualità del prodotto nel vivaismo ornamentale” (TECPRO) e da Tree Research and Education Endowment Fund (TREEFUND) nell’ambito del Jack Kimmel Award 2011.