Incremento di anidride carbonica: effetti sui tappeti erbosi

Una ricerca ha effettuato prove su Agrostis stolonifera: in ambiente a elevata concentrazione di CO2, il tasso di crescita degli stoloni è molto più veloce. L'incidenza delle lavorazioni del suolo
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L'aumento in atmosfera della percentuale di anidride carbonica e di altri gas serra, responsabili del fenomeno del riscaldamento globale, derivano sostanzialmente dall'utilizzo sconsiderato dei combustibili fossili e dai cambiamenti nell'utilizzo dei suoli agricoli (IPCC - Intergovernmental Panel on Climate Change, 2007).
Nel 2011 è stata registrata una concentrazione di CO2 nell'atmosfera terrestre di 391 ppmv (parti per milione in volume). Considerando che il livello medio di concentrazione naturale degli ultimi 800.000 anni si colloca tra le 180 e le 300 ppmv, è impensabile anche solo cercare di negare il problema. Rispetto agli anni passati in Europa si osserva un generale abbassamento delle emissioni, le economie emergenti come quella cinese e quella indiana registrano preoccupanti incrementi annuali. La direzione obbligata è quella di un miglioramento delle condizioni della nostra atmosfera, anche attraverso l'utilizzo di specie vegetali che resistano agli incrementi di  COcapaci di stoccare, anche se solo temporaneamente, il carbonio.

Tappeti erbosi e CO2.
Una ricerca del 2014 ha indagato le possibilità dei tappeti erbosi di resistere a incrementi spinti di anidride carbonica (Burgess & Huang).
Piante di Agrostis stolonifera della varietà “Penncross” sono state messe a dimora in un mezzo argilloso e mantenute in condizioni nutritive, di umidità e di temperatura standard. Queste sono state poi poste a due concentrazioni diverse di anidride carbonica: ambientali (400 ± 10 mmol/l-1) e raddoppiate (800 ± 10 mmol/l-1). Sono state tenute in coltivazione per 12 settimane.
L'obiettivo di questo studio è quello di valutare gli effetti del raddoppio del livello di  CO2 sulla crescita e le performance fisiologiche di una specie ampiamente utilizzata nei tappeti erbosi.
Questa, appartenente alla famiglia delle Poaceae, si è largamente diffusa soprattutto per la sua resistenza al freddo, al calpestio e al suo elevato potere coprente. È molto utilizzata nei campi da golf.
È stato osservato che le piante cresciute in ambiente ad elevato tasso di CO2 hanno mostrato un tasso di crescita degli stoloni molto più veloce e un peso secco delle radici maggiore. Questo, però, a fronte di una riduzione delle superficie fogliare media. L' aumento della velocità di crescita è un fenomeno da non sottovalutare, pensando per esempio al recupero da danni fisici. Lo sviluppo delle radici è risultato favorito dall'incremento dell'anidride carbonica, questo ha facilitato l'assorbimento di acqua e nutrienti, rendendo la specie interessante per esempio per l'utilizzo in terreni aridi o con limitata irrigazione. L'elevata percentuale di biossido di carbonio ha anche generato un incremento della fotosintesi e una riduzione nella traspirazione, fornendo altri dati utili per possibili utilizzi in ambienti critici.

Effetti delle lavorazioni.
Sempre nel 2014 (Wang, Tu, Li, Tredway, Lee, Snell, Zhang & Hu) è stata pubblicata una ricerca che mette in relazione i metodi di gestione dei tappeti erbosi con le dinamiche microbiologiche del suolo e il sequestro di carbonio.
Sono stati utilizzati in questo studio due campi da golf: Hope Valley Country Club (HVCC) e
Treyburn Country Club (TBCC) in Durham. Nella Hope Valley sono state individuate due sezioni, una con impianto risalente al 1926 e una creata nel 1996, entrambe vedono la presenza di un tappeto di Cynodon dactylon. Il terreno della pineta circostante è stato utilizzato come controllo. Al Treyburn Country Club, invece, gli impianti risalgono al medesimo anno ma si distinguono tre aree di studio corrispondenti a tre gradi di intervento diversi: basso, medio e alto. Il terreno è stato sottoposto a carotaggi periodici ed è stato analizzato con specifiche metodologie di laboratorio. 
I ricercatori hanno quindi confrontato metodi di gestione classica, con elevati input di acqua e fertilizzanti, con una situazione di basse lavorazioni.
È stato osservato che utilizzando un minor ricorso agli interventi sul terreno, quindi seguendo una gestione moderata o bassa, la quantità di carbonio presente nel suolo aumenta, così come si assiste all'incremento della biomassa microbica e dell'attività biologica dei microrganismi. Notevoli benefici sono stati riscontrati anche grazie alla deposizione dell'erba tagliata sulla superficie del terreno (“mulching”) che apporta carbonio organico.
Nel caso di una scarsa gestione del suolo l'attività dei microrganismi potrebbe risultare limitata, a causa di una minore disponibilità di acqua e nutrienti. Tuttavia, nel caso di tappeti erbosi gestiti con i metodi correnti, quindi somministrando acqua e fertilizzanti, gli interventi continui come le lavorazioni e i frequenti tagli interrompono la colonizzazione microbica. Questo ci permette di osservare quantità di microrganismi molto maggiori in terreni non lavorati.

L'approccio del “no-tillage”.
Questa ricerca sembra quindi fornire dei punti a favore a un metodo di coltivazione che nasce dalle idee di Edward Faulkner, esposte nel libro “Plowman's Folly” del 1943: il “no-tillage” o “zero-tillage”.
Tale tecnica pone come base il rifiuto di effettuare lavorazioni, quantomeno quelle profonde, perseguendo l'obiettivo di permettere alla flora microbica del terreno di svilupparsi naturalmente, limitando al contempo i fenomeni di erosione che interessano la maggior parte dei suoli coltivati.