Copertura del suolo: influenza sulla fisiologia degli alberi

Uno studio effettuato a Minoprio ha messo a confronto diverse tipologie di pavimentazione in ambito urbano. Gli effetti sullo stress da trapianto e sulle radici
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Nel  progetto “Metodologie produttive e gestionali per migliorare la qualità del verde ornamentale” (METAVERDE) sono stati studiati diversi parametri per valutare  lo stress da trapianto di alcune specie ornamentali. Un parte dello studio ha riguardato l’influenza  delle diverse tipologie di pavimentazione sullo sviluppo e sulla fisiologia di Celtis australis e Fraxinus ornus. Il rilevamento dei dati è iniziato nel 2011, con l’impianto degli alberi e proseguirà fino al 2021. I risultati finora ottenuti hanno mostrato che l’uso di coperture altera, anche in modo significativo, le caratteristiche chimico-fisiche del suolo.

Metodologia. Nel periodo compreso tra luglio ed ottobre 2011 è stato realizzato un impianto sperimentale di 1200 m2 con tre diverse tipologie di pavimentazione: asfalto colato, massello autobloccante in calcestruzzo, pavimentazione drenante (calcestre + legante epossidico), più il controllo non pavimentato. Sono state realizzate parcelle di m 5 x 5, coperte dalle diverse pavimentazioni, a eccezione di un’area centrale di 1 x 1 m per l’impianto degli alberi. Ogni parcella è stata isolata da quelle contigue mediante pannelli coibentanti verticali con profondità di 60 cm, al fine di evitare fenomeni di migrazione radicale. In ogni parcella sono inseriti tubi in PVC per consentire il passaggio dei sensori per la misura dell’ossigeno, della temperatura e dell’umidità del suolo. Il disegno sperimentale adottato è a blocchi randomizzati con 6 repliche. Dal mese di novembre 2011 è iniziata la raccolta quindicinale dei dati di umidità del suolo a 20 e a 45 cm di profondità (mediante sonde FDR Spectrum SM100), mentre gli alberi sono stati messi a dimora nel mese di marzo 2012. Le aree non coperte dalle pavimentazioni sono tenute pulite dalle infestanti mediante periodici interventi di diserbo con Glyphosate (erbicida sistemico non residuale). Nel 2014 è proseguita mensilmente la rilevazione della temperatura del suolo a 25 cm di profondità, la respirazione del suolo ed il contenuto di ossigeno nel suolo. Durante la stagione vegetativa sono stati misurati gli scambi gassosi fogliari (fotosintesi, traspirazione, conduttanza stomatica ed efficienza d’uso dell’acqua), la fluorescenza della clorofilla, il potenziale idrico prima dell’alba.

Temperatura: differenze materiali. L’ influenza della La copertura del suolo ha alterato il regime termico degli strati più superficiali del suolo, rispetto al terreno nudo, ma in modo diverso a seconda del materiale utilizzato e della stagione. Da marzo a novembre, la temperatura del suolo coperto da asfalto e, in modo minore, da autobloccante è stata significativamente più alta (con punte di circa 4°C di differenza in luglio) rispetto al suolo coperto da pavimentazione porosa e al suolo non pavimentato. Risulta chiaro come, nel medesimo periodo, le differenze di temperatura tra pavimenti porosi e controllo siano quasi sempre trascurabili. Si è ipotizzato che le minori temperature osservate sotto pavimenti porosi e nel controllo non pavimentato siano dovute all’evaporazione di acqua dal suolo all’atmosfera, e al calore sensibile dissipato come calore latente da tale fenomeno fisico. Al contrario, pavimentazioni impervie impediscono all’acqua di evaporare e ciò, combinato con il basso albedo (cioè la frazione della radiazione incidente che viene riflessa) dell’asfalto e con la sua elevata conducibilità termica, determina un maggiore riscaldamento del suolo sottostante.
La pavimentazione permeabile ha mostrato, sorprendentemente, risultati simili all’asfalto, probabilmente perché i vuoti tra i masselli impermeabili non sono sufficienti a garantire un’adeguata evaporazione dell’acqua nel suolo.
Durante l’inverno, quando le basse temperature riducono l’evaporazione, le differenze di temperatura tra le pavimentazioni sono risultate minime e influenzate prevalentemente dalla colorazione delle pavimentazioni.
 
Umidità e ossigeno. In assenza di radici, la copertura del suolo ha aumentato il contenuto di umidità del terreno, sia a 20 cm, sia a 45 cm di profondità, rispetto al controllo non pavimentato.
L’autobloccante ha mostrato, a entrambe le profondità, la maggiore umidità, seguito dall’asfalto (a 20 cm) o dalla pavimentazione porosa (45 cm). In assenza di radici, il contenuto idrico del suolo è principalmente determinato dal bilancio tra infiltrazione, condensazione ed evaporazione, con quest’ultimo fenomeno che interessa maggiormente gli strati di suolo più superficiali (es. 20 cm più di 45 cm). In quest’ottica, il maggior contenuto idrico del suolo, a 20 cm, osservato nelle tesi pavimentate rispetto al controllo è probabilmente imputabile proprio alla riduzione dell’acqua che può evaporare dal suolo. Si è visto che le pavimentazioni impermeabili e permeabili, ma non quelle porose, riducono, rispetto al controllo, la diffusione della CO2 dal suolo all’atmosfera, causandone un accumulo nel terreno. L’accumulo di CO2 nel suolo è maggiore nei mesi estivi, quando la maggiore temperatura stimola la respirazione microbica e radicale e quando il flusso di CO2 è 3-4 volte maggiore nelle tesi asfalto e autobloccante, rispetto alla copertura porosa e al controllo, mentre le differenze si riducono (pur essendo sempre significative) nei mesi invernali, quando le basse temperature limitano la respirazione del suolo e delle radici. In condizioni normali, l’ossigeno è presente, sia nell’atmosfera, sia nel terreno, in concentrazioni molto superiori. A eccezione dei mesi più freddi, la copertura del suolo con pavimentazioni impermeabili ha, dunque, determinato un calo nel contenuto di ossigeno nel suolo, significativo da marzo a ottobre, rispetto alle altre tesi pavimentate e al controllo.

Fotosintesi e traspirazione.
Nelle due stagioni di misurazione degli scambi gassosi sono stati rilevati valori relativamente elevati sia per la fotosintesi, sia per la traspirazione, a testimoniare la buona salute delle piante e la buona disponibilità di acqua nel terreno, a prescindere dal tipo di copertura del suolo. La pavimentazione non ha influenzato gli scambi gassosi del bagolaro, confermando la grande rusticità di questa specie e la sua capacità di acclimatazione anche a condizioni ambientali e pedologiche diverse. Anche in orniello, fino a giugno 2014 (27 mesi dall’impianto), sono emerse solo piccole (e spesso non significative) differenze tra le tesi pavimentate e il controllo. Tuttavia, in luglio e settembre 2014, è stata evidenziata una significativa diminuzione della fotosintesi e, in misura minore, della traspirazione nella tesi impermeabile, rispetto sia al controllo non pavimentato, sia alle pavimentazioni drenanti. Analogamente a quanto osservato per l’accrescimento, è possibile che gli effetti della copertura del suolo sugli scambi gassosi divengano via via più evidenti con la progressiva espansione degli apparati radicali dalla buca d’impianto verso il suolo pavimentato. I valori di fluorescenza della clorofilla (Fv/Fm) mostrano come lo shock da trapianto fosse ancora evidente, in entrambe le specie, in maggio-giugno 2013 e come successivamente i valori aumentino, approssimandosi a quelli ottimali. Analogamente a quanto osservato per la fotosintesi, la copertura del suolo non ha avuto effetti significativi su Fv/Fm nel bagolaro. Al contrario, significative, seppur di lieve entità, diminuzioni di Fv/Fm sono state osservate in orniello in corrispondenza al declino della fotosintesi (estate 2014).

Radicazione e capacità di assorbire acqua.
Il potenziale idrico prima dell’alba riflette lo strato di idratazione della pianta. In maggio 2013, le piante di entrambe le specie a dimora in suoli impermeabilizzati o coperti da pavimentazione permeabili (ma non porose) hanno mostrato un potenziale idrico più negativo rispetto a quelle a dimora in suolo non pavimentato. Tali risultati, inaspettati visto il maggior contenuto idrico dei suoli pavimentati rispetto al controllo, fanno ipotizzare una minor capacità delle radici di assorbire acqua, a causa di una minor esplorazione del suolo o di una ridotta attività. Tuttavia, questi risultati non sono stati confermati nei rilievi successivi, quando le differenze tra le tesi non sono risultate significative (bagolaro) o si sono conformate all’umidità del terreno (orniello).

Conclusioni.
I risultati hanno mostrato che l’uso di coperture impermeabili altera in modo significativo le caratteristiche chimico-fisiche del suolo, determinando l’aumento della temperatura e dell’umidità del terreno, la riduzione dell’ossigeno e l’accumulo di anidride carbonica nel suolo, rispetto al controllo non pavimentato.
Mentre la pavimentazione permeabile ha avuto un’influenza sui parametri relativi al suolo misurati, simile a quella dell’asfalto (nonostante fosse posata su un sottofondo completamente diverso), la pavimentazione porosa ha mostrato risultati promettenti nel limitare gli effetti negativi dell’impermeabilizzazione del suolo. Tra questi, la capacità nel mantenere la temperatura, la concentrazione di anidride carbonica e di ossigeno simile al controllo non pavimentato possono essere determinanti per ridurre l’impatto dell’urbanizzazione sul clima e sui cicli dell’acqua e del carbonio.
Nonostante le diverse coperture abbiano avuto un’influenza estremamente significativa sulle caratteristiche chimico-fisiche del suolo, l’effetto sulla crescita e la fisiologia delle due specie arboree saggiate è stato molto meno rilevante e dipendente dalla specie analizzata. Occorre, tuttavia, considerare che, a causa del ridotto tempo trascorso dall’impianto, le piante studiate avessero ancora la maggior parte delle radici assorbenti all’interno della buca d’impianto non pavimentata; si può quindi affermare che l’effetto delle diverse coperture del suolo sia trascurabile sui nuovi impianti, mentre potrebbe incidere maggiormente con lo sviluppo dell’apparato radicale.
 
La sperimentazione è stata finanziata al 58,4% dalla D.G. Agricoltura della Regione Lombardia nell’ambito del Piano per la ricerca e lo sviluppo in campo agricolo 2010 e cofinanziata da Fondazione Minoprio, Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali, del Suolo e dell’Ambiente Agroforestale dell’Università di Firenze, Agroinnova – Università di Torino e Consorzio Florovivaisti Lombardi.