I tanti pregi della quercia da sughero

Dalla sua resistenza ai climi secchi, al recupero dagli incendi. Molte le caratteristiche positive di una pianta presente sporadicamente nella penisola italiana
2127
La quercia da sughero (Quercus suber) è una specie a gravitazione mediterranea occidentale. Belle sugherete si rinvengono in Sardegna, dove coprono superfici anche di una certa estensione, agevolate dal clima di questa regione. Nel resto del nostro Paese la sughera è presente, in modo del tutto sporadico, in Liguria, dove sta progressivamente scomparendo, sopraffatta dal dinamismo della vegetazione spontanea a vantaggio (finale) del leccio. È presente, in maggior misura, lungo le coste della penisola e in Sicilia, con notevoli discontinuità nella distribuzione tra un gruppo di esemplari e l’altro.

Recupero dagli incendi. Le esigenze ecologiche della quercia da sughero sono quelle di una specie arborea mediterranea in senso stretto, che tollera forti insolazioni e richiede inverni miti ed estati calde e siccitose; l’optimum pluviometrico corrisponde a 600-700 mm annui; Le foglie sono pienamente idonee a tesaurizzare l’acqua che le radici hanno assorbito dal terreno: ottima, quindi, la resistenza al potere disseccante del vento. Sono prediletti suoli profondi, calciocarenti, poco compatti, con una certa percentuale di sabbia.
Tra gli alberi della flora mediterranea la quercia da sughero manifesta al più alto livello doti di scarsa infiammabilità: negli esemplari adulti il fogliame può essere variamente danneggiato dal passaggio del fuoco ma tronchi e rami rimangono quasi indenni grazie alla presenza di uno spesso strato di sughero che viene strinato ma, di regola, non combusto (si veda, nella foto, il rigoglio delle sughere ad un anno dall’incendio).
Queste doti non devono indurre i pianificatori territoriali ad abbondare con la messa a dimora di esemplari in aree frequentemente bruciate: in primo luogo occorre sempre salvaguardare le esigenze ecologiche della specie, sopra sintetizzate; secondariamente gli esemplari giovani, se aggrediti dal fuoco, decedono, non avendo avuto il tempo di produrre uno strato di sughero abbastanza spesso, mentre le chiome, sviluppate ad un’altezza cui arrivano le fiamme, inevitabilmente bruciano.